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Mettiamo la Freccia

"Freccia" a Shindand
"Freccia" a Shindand

A lungo attesti, i Freccia sono arrivati in Afghanistan. Nella foto (scattata dall’ufficio Pio del comando italiano) se ne vede uno in azione a Shindand, dove opera la Task Force Center ovvero uno dei tre battle group italiani. Il Freccia è un mezzo “digitale” (per via della tecnologia di cui dispone) e può portare fino ad otto militari, più i tre membri dell’equipaggio. Pesa 28 tonnellate e conta su oltre 500 cavalli di potenza. “Una compagnia di Freccia dell’82° Reggimento fanteria “Torino” di stanza a Barletta è attualmente schierata a Shindand, a sud di Herat, in seno alla Task Force Centre, costituita dal 3° reggimento Alpini di Pinerolo – si legge nel comunicato ufficiale – La compagnia partecipa ad operazione di pattuglia e scorta insieme alle compagnie alpine dotate di blindati Lince”. Il Freccia è un mezzo molto sicuro, più del Lince, ma ovviamente ben più limitato – per via di peso e dimensioni – nel suo impiego che (proprio come con i carri Dardo) dovrebbe essere circoscritto al deserto pietroso tra Herat e Farah.

E’ sempre importante sapere che ci si preoccupi di dotare chi rischia la vita di equipaggiamenti all’avanguardia (dell’arrivo dei Freccia ha più volte parlato il Ministro La Russa, anche in coincidenza con fatti tragici come la morte di nostri soldati). E’ anche importante sottolineare (per evitare fraintendimenti nell’opinione pubblica) che nuovi mezzi, per quanto più sicuri, non possono azzerare i rischi della missione afghana, che sin’ora ha sempre confermato la regola che a blindatura maggiore corrisponde una maggiore carica di esplosivo, che a maggior protezione corrisponde un attacco più aggressivo. La logica a spirale della guerra che in Afghanistan pare ancora più amara che altrove.

La battaglia di Parmakan

Il link all’edizione integrale del Tg3 delle 14.20

Il link al servizio ripreso da Repubblica.it

Il link al servizio ripreso da Corriere.it

Il servizio dal sito del Tg3

Al Tg3 delle 14.20 di oggi è andato in onda un mio pezzo realizzato da Herat nei giorni scorsi con immagini esclusive da me ottenute da fonti non ufficiali. Le immagini documentano la battaglia del 23 e del 24 settembre scorsi nella Zyrko valley, distretto di Shindand, la parte più meridionale e più rischiosa della provincia di Herat. Una battaglia avvenuta in episodi distinti, sostanzialmente nella zona del villaggio di Parmakan e che ha visto impegnati i parà della folgore.

Nella valle si produce la maggior parte dell’oppio dell’Afghanistan occidentale (che è sostanzialmente una regione poppy-free), la Zyrko valley è inoltre una zona di etnia pasthu, tra le cui file la guerriglia è molto radicata. Una valle dove sin’ora non si avventuravano che le forze speciali, soprattutto americane. Nella zona, tra l’altro, da oltre due anni, si prova a costruire un ponte che sarebbe strategico per la mobilità nell’area.

Da luglio  il generale Castellano, con l’obiettivo di portare la presenza del governo di Kabul nell’area (dove tra l’altro a breve si rafforzerà la presenza militare italiana e non, vedi questo post di qualche giorno fa) vi ha schierato la task force elettorale, un pugno di uomini e donne che stanno lavorando intensamente nell’area al comando del Tenente Colonnello Alessandro Abamonte.

Le immagini mostrano la risposta al fuoco, con le mitragliatrici dei Lince, i fucili d’assalto in dotazione personale ma anche con panzer faust (una sorta di rpg) e mortai; si concludono con alcune scene dell’evacuazione medica dei feriti in elicottero.


AFGHANISTAN: SUL TG3 LA BATTAGLIA DEGLI ITALIANI A PARKAMAN

(ANSA) – ROMA, 6 OTT – Militari italiani in battaglia in Afghanistan. Il Tg3 ha mandato in onda un servizio con immagini
esclusive, ottenute da fonti non ufficiali, dei combattimenti che i parà della Folgore hanno sostenuto il 23 e il 24
settembre nella Zirko Valley, nel distretto occidentale di Shindand.
Il filmato, in particolare, è stato girato il 23 nei pressi del villaggio di Parmakan, dove gli italiani sono finiti sotto
attacco. Si vedono i blindati Lince fermi ai margini di un pianoro. Dall’altra parte un nemico invisibile, nascosto tra la
vegetazione, ma che spara con tutti i mezzi a disposizione: kalashnikov, razzi rpg, mortai.

Gli italiani rispondono e il crepitio degli spari è la colonna sonora del video. Quella battaglia, in un’area dove si
produce la maggior quantità di oppio dell’Afghanistan occidentale, dura due ore.
Sparano i mitraglieri sulle torrette dei Lince, sparano i loro compagni a terra con i ‘panzerfaust’: non c’é rischio di
fare vittime civili, la zona lì intorno è disabitata.
In quei due giorni di combattimenti nella Zyrko valley tre militari italiani sono rimasti leggermente feriti: uno il 23,
colpito a un gomito mentre si trovava al suo posto di mitragliere in ralla, e due il 24, uno ferito a una mano e
l’altro al collo. Nel servizio di Nico Piro si vede anche l’evacuazione di questi parà in elicottero, tra una nuvola di
polvere e sabbia.

APCOM Afghanistan/ Tg3 manda in onda battaglia della Folgore a Parkaman

Attacco talebano con razzi e lanciagranate, evacuazione feriti

Roma, 6 ott. (Apcom) – Una vera e propria battaglia fra parà della Folgore e talebani nel distretto di Shindand, la parte più pericolosa della provincia di Herat in cui è schierata la maggior parte dei militari italiani: è l’esclusiva del Tg3 mandata in onda oggi e relativa a combattimenti dello scorso 23 settembre.

Le immagini del servizio di Nico Piro, girate nei pressi del villaggio di Parkaman, sono state ottenute da fonti non ufficiali: i paracadutisti vengono attaccati dai miliziani con kalashnikov e razzi rpg e mortai in una zona stepposa, e si scatena una vera e propria battaglia. I soldati italiani sono costretti infatti a rispondere con mitragliatrici e anche con i lanciagranate ‘Panzerfaust’ e possono farlo senza rischi per la popolazione civile: la zona per fortuna è disabitata.

I militari italiani nei blindati lince combattono per circa due ore contro i nemici, e gli scontri si ripeteranno il giorno dopo: la zona, nota come Zirko Valley, è una delle più strategiche perché da qui viene la maggior della produzione di oppio dell’Afghanistan occidentale con cui i talebani si finanziano.
Per questo la coalizione Nato-Isaf sta cercando di ottenerne il controllo. E il generale Rosario Castellano, comandante della Regione Ovest Isaf sta utilizzando i parà della task force inviata per le elezioni.

Nei combattimenti di quei giorni vengono feriti tre parà italiani, per fortuna tutti in modo lieve: nelle immagini si vedono due di loro, colpiti alla mano e al collo, mentre sono evacuati in elicottero.

Dalla Folgore alla Sassari, e non solo

Folgore ad Herat, 2 ottobre 2009 np©09
Folgore ad Herat, 2 ottobre 2009 np©09

Nelle prossime settimane, la brigata Folgore lascerà l’Afghanistan al termine del suo turno di dispiegamento iniziato formalmente con il toa (il “trasferimento di autorità” come recita l’acronico inglese) del 4 aprile scorso quando gli alpini della Julia passarono la bandiera della missione proprio ai paracadutisti. Il posto della Folgore verrà preso per i prossimi sei mesi dalla brigata Sassari, i cui effettivi stanno già arrivando da qualche giorno proprio ad Herat.

Ultimo ammaina Bandiera alla Fob di Musahy
Ultimo ammaina Bandiera alla Fob di Musahy ©Pio Kabul 09

In contemporanea, anche con il trasferimento all’Anp (la polizia afghana) della fob “Sterzing” della valle del Musahy, a sud di Kabul, si prepara la “fine” da mesi annunciata della presenza italiana nella capitale, dove la base di Camp Invicta verrà passata al contingente turco. Una scelta che si inquadra nelle necessità di Isaf di presidiare il resto del territorio piuttosto che la capitale affidata alle forze di sicurezza locali.

Il terzo battle group (anche se adesso nella dicitura ufficiale si preferisce chiarmale task force) verrà così trasferito nell’RC-West dove si rafforzerà la presenza nella zona di Shindand, distretto più meridionale e più travagliato della provincia di Herat, per giunta zona pastù in area tagika. Una zona strategica perchè va a colmare sulla “mappa” un vuoto tra la presenza italiana a Farah e le due basi di Herat lungo la ring road (o “highway one”) la strada più importante di tutto l’Afghanistan. Inoltre Shindand, che era una base importantissima per le truppe sovietiche (che per giunta vi hanno lasciato un enorme deposito di munizioni, a lungo mal sorvegliato dalle forze di sicurezza locali…), diventerà il caposaldo sul versante occidentale del paese della ri-nascente aviazione afghana. Al momento non si tratta che di pochi elicotteri e qualche mig, ma ridare al governo afghano il controllo dello spazio aereo è un passaggio chiave per ridurre (in un futuro per ora lontano) la presenza militare straniera nel paese. La presenza italiana a Shindand inizialmente si limitava ad un gruppo di OMLT, i consiglieri militari che addestrano l’esercito afghano del 207esimo corpo d’armata, da luglio però vi opera la task force elettorale messa sù proprio per il periodo del voto (le altre due TF sul terreno sono quella nord e quella sud) e che nei prossimi mesi lascerà il proprio posto alle nuove truppe non più impegnate a Kabul.

Venerdì ad Herat è stato il presidente del Senato, Renato Schifani. Una visita, che ho seguito per il Tg3, e che è stata la prima di un esponente istituzionale dopo il peggior attacco mai subito dal contingente italiano in Afghanistan, quello del 17 settembre. Ad Herat, per l’occasione, c’era anche una rappresentanza del 186mo reggimento della Folgore, che opera a Kabul e di cui facevano parte i sei caduti della airport road.

Elezioni afghane, istruzioni per l’uso

Sono state aggettivate in ogni modo per sottolinearne il valore storico, di certo dagli esiti delle elezioni presidenziali e provinciali di giovedì 20 agosto si potrà leggere il futuro prossimo dell’Afghanistan; a contare non sarà tanto la vittoria di questo o di quel candidato quanto il numero degli afghani che si recheranno alle urne (ennesimo test della pazienza per un popolo provato da tre decenni di guerre e otto anni di promesse mancate) e gli episodi di violenza che caratterizzeranno il voto (i talebani hanno affermato di voler impedire il voto). Sono elezioni cruciali anche per l’occidente che si attende qualche segnale di speranza e qualche bella immagine da mandare in tv per continuare a sostenere con le singole opinioni pubbliche nazionali la missione afghana segnata dal crescente numero di militari caduti, vittime civili e una ricostruzione che resta un miraggio.

Ecco un quadro con i dati più rilevanti sulle consultazioni elettorali, le seconde dopo quelle del 2004.

Le urne resteranno aperte solo il 20 agosto, dalle 7 alle 16, i seggi – almeno sulla carta – saranno 7000 ma secondo la commissione elettorale c’è il rischio che il 10% non apra perchè è impossibile garantirne la sicurezza. Gli elettorali usciranno dai seggi con un dito macchiato di inchiostro indelebile, per evitare tentativi multipli di voto in un paese dove l’anagrafe non esiste.  Potranno andare a votare 17 milioni di elettori (nel 2005 erano 12) ovvero coloro i quali si sono “registrati” nei mesi scorsi come nuovi elettori oppure negli anni precedenti. Purtroppo i dati sugli elettori registrati variano di provincia in provincia e raggiungono livelli minimi nelle roccaforti talebani del sud. La popolazione in Afghanistan è pari a circa 33 milioni di persone, un terzo dei quali sono analfabeti.

Si voterà
sia per eleggere il presidente della Repubblica Islamica d’Afghanistan (scheda verde) che per eleggere i membri dei consigli distrettuali (scheda marrone). I seggi in palio sono oltre 400 per oltre 3000 candidati (sono 34 le provincie afghane, che in realtà sono entità territoriale ed amministrative paragonabili alle regioni italiane). Alle provinciali ci sono le “quote rosa” pari a circa il 25% degli eletti. I candidati alle presidenziali (dopo qualche ritiro delle ultime settimane) sono 36 ma in realtà la corsa è ristrettera a meno di cinque tra loro, con in testa il presidente Karzai. Oltre a lui, solo l’ex-ministro degli esteri Dr. Abdullah Abdullah, l’ex-ministro della pianificazione Ramazan Bashardost e l’ex-ministro delle finanze Ashraf Ghani sono considerati in grado di superare una soglia minima di voti del 2%.

Lo spoglio. Chi si attende il direttone” elettorale su ToloTv o sulla RTA è meglio che si scelga qualcos’altro da fare la sera del 20 agosto! Lo spoglio delle schede sarà lunghissimo. Verrà effettuato sul posto, i singoli seggi, e non a Kabul ma nonostante ciò ci vorranno giorni per avere un vero quadro elettorale viste le difficoltà logistico-belliche dell’Afghanistan (in alcuni seggi le schede sono arrivate a dorso di mulo). I primi risultati dovrebbero essere annunciati il 3 settembre, il quadro definitivo è atteso per il 17. Il punto chiave delle elezioni è se il vincitore delle presidenziali riuscirà o meno a superare il quorum del 50% altrimenti si dovrà ricorrere al ballottaggio che si dovrebbe svolgere ad ottobre. Molto probabile, anche secondo fonti diplomatiche britanniche, che si andrà al secondo turno previsto per il primo ottobre (almeno in linea teorica).

Alla sicurezza delle elezioni
contribuiranno i circa centomila soldati stranieri nel paese, i militari italiani (tutto il contingente è impegnato) hanno allestito una task force elettorale con circa 500 uomini che fanno base a Shindnad, distretto caldo della provincia di Herat.