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Un ballottaggio “sballottato”

Come era facile prevedere (vedi qui e altri post di questo blog) il ballottaggio per l’elezione del presidente dell’Afghanistan non si terrà o se mai si dovesse svolgere non sarà che un proforma. Diventato quest’estate, a sorpresa, l’avversario più quotato del presidente Karzai, arrivato al secondo turno grazie alla revisione del voto che – durata più o meno due mesi – ha tolto a Karzai causa brogli oltre 5 punti percentuale, il Dr. Abdullah questa mattina si è ritirato dalla competizione. Nei giorni scorsi aveva chiesto la rimozione dei funzionari coinvolti nei brogli oltre al presidente della commissione elettorale. Non ritiene che ci siano le condizioni per un processo elettorale affidabile.

In realtà tecnicamente Abdullah non può ritirarsi nè ha chiesto ai suoi sotenitori di boicottare il voto ma la sua uscita di oggi ha un forte valore politico perchè toglie a Karzai la possibilità di riaccreditarsi politicamente. In particolare gli americani hanno voluto il ballottaggio affinchè Karzai ne potesse uscire rilegittimato dopo i brogli estivi che hanno minato un presidente già a corto di autorità ed autorevolezza. Un ballottaggio che tutti sapevano non si sarebbe svolto ma – si ipotizzava – grazie ad un accordo di coabitazione al potere tra i due, dando così spazio al nuovo (Abdullah) e ad i suoi tagiki ma garantendo una continuità più credibile a Karzai e ad i suoi pashtun. Od almeno a questo avrebbe lavorato, dietro le quinte, la macchina della diplomazia internazionale nelle ultime settimane.
Nessuno, però, si sarebbe aspettato l’uscita di Abdullah; uscita che non poco ha fatto arrabbiare gli americani (vedi il commento di Hillary Clinton con o senza Abdullah, non si toglie credibilità al voto).

Perchè Abdullah si è ritirato? Il quadro è talmente confuso è che l’unica certezza di cui disponiamo è che Karzai continuerà ad essere presidente per altri cinque anni. Anche se si votasse in condizioni normali (fraud-free) è chiaro che Abdullah, fosse solo per motivi etnici, non partirebbe avvantagiato e il favorito rimasto comunque Karzai.
E allora Abdullah potrebbe essersi ritirato per provare a salvare una trattativa (arenata, altrimenti avrebbe prodotto risultati giorni fa) per un governo di co-abitazione oppure perchè di trattativa non c’era più speranza e bisognava salvare la faccia. Di certo ha prodotto un danno forte soprattutto agli americani, che ricordiamolo hanno posposto ogni decisione sull’invio di nuove truppe proprio al dopo elezioni, perchè la nuova strategia del generale McCrhystal può essere vincente solo se c’è un governo credibile e non corrotto.

Cosa succederà adesso? In questa situazione nebulosa è difficile dirlo. L’Onu invoca una soluzione “legale” ovvero leggi “politica”, la commissione elettorale e il comitato di Karzai dicono che si voterà lo stesso per un voto farsa che metterebbe a rischio, di nuovo,  altre vite – con i talebani che minacciano un’ondata di attacchi. C’è da considerare che nonostante le rassicurazioni e gli appelli di Abdullah non è escluso che si arrivi a violenze di piazza soprattutto nel nord, con i suoi sostenitori arrabbiati con il governo. Comunque sia, se non si trova una soluzione politica a perdere saranno tutti: la famiglia Karzai si arrichirà per un altro po’ di anni mentre gli viene meno la terra sotto i piedi con i talebani che avanzano; Abdullah da astro (ri)nascente passerà per un’inaffidabile. Gli occidentali non sapranno più con chi dialogare e la guerriglia si avvantaggerà – come ha fatto sin’ora – dell’odio della popolazione verso un governo corrotto.

Per  fortuna in Afghanistan, le sorprese sono sempre possibili – non necessariamente positive – ma possibili anche in maniera clamorosa.
Mi viene in mente l’intervista ad Ashraf Ghani, girata dopo il voto, nella quale il candidato più illuminato del panorama politico afghano mi disse che l’unica soluzione non poteva che essere un accordo politico. Peccato che per fare gli accordi – aggiungo oggi – bisogna essere almeno in due e pensarla più o meno alla stessa maniera.

Ballottaggio, un prezzo che nessuno può pagare

Alla fine il verdetto è arrivato: i brogli a favore di Karzai sono stati tali da spingerlo ben oltre il 50%, estesi ad almeno 210 sedi elettorali (polling station, ovvero gruppi di seggi). La ECC, la commissione mista afghana e multinazionale, per i reclami elettorali l’ha riportato al 49% dal 54,6% facendo risalire il suo principale sfidante il Dr. Abdullah dal 28 al 31% circa, in altre parole ha stabilito che si andrà al ballottaggio. Per una sintesi della notizia vedi qui (in inglese molto interessanti le dichiarazioni in video sulla “spalla” destra della pagina) e vedi qui in italiano, io volevo però ragionare su alcuni punti di tutta questa vicenda.


I brogli.
E’ apparso chiaro sin dai primi giorni del primo voto e poi sempre più a settembre, che le frodi elettorali fossero state condotte su vasta scala in particolare nelle province del sud e dell’est dove le drammatiche condizioni di sicurezza hanno spinto molti a restare a casa e la polizia o i collaboratori dei governatori nominati da Karzai hanno “imbottito” le urne elettorali semi-vuote. Insomma era chiaro da subito che c’erano margine per un ballottaggio non c’era però certezza che la ECC, la commissione brogli, avesse la forza politica per farlo. E non a caso lungo la strada verso l’annuncio di oggi si sono consumati non pochi strappi dalla commissione dell’Onu che ha visto rimosso il suo vice (l’americano Galbraith che chiedeva un riconteggio più esteso per arrivare al ballottaggio) agli americani che solo pochi giorni fa avevano annunciato lo stop ad ogni decisione su più truppe e nuova strategia se non si fosse prima saputo “nome e cognome” del nuovo governo afghano. Altra “vittima” lungo la strada, Richard Holbrooke, l’inviato speciale di Obama per Afghanistan e Pakistan che dopo aver mandato a quel paese Karzai il giorno dopo il voto, letteralmente alzandosi da tavola durante una colazione di lavoro “tirandogli dietro” accuse di brogli. Non a caso oggi al fianco del presidente uscente, c’era un inedito Kerry (ex-candidato presidenziale Democratico) in versione afghana.

La praticabilità del ballottaggio. Per quanto sia stato convinto che ci fossero i margini per arrivare al ballottaggio una volta “scremati” i dati, sono scettico sullo svolgimento effettivo del secondo turno. Ecco che cosa me lo fa pensare:

– non ci sono i tempi tecnici riallestire i seggi; due settimane non sono sufficientia ridistribuire in tutto il paese le schede, i tavoli, le sedie, le urne (che non dimentichiamolo sono state ritrasportate a Kabul per i riconteggi)

– il clima è già sfavorevole in molte aree montane del paese dalla provincia di Ghor al Badakshkan che per larga parte “chiudono” per neve durante l’inverno; si tratta per giunta di aree per lo più favorevoli ad Abdullah

– è ormai chiaro che le frodi elettorali sono stati quei “brogli di stato” di cui Abdullah aveva parlato per la prima volta proprio al Tg3 pochi giorni dopo quel 20 agosto, non è escluso quindi che possano tranquillamente ripetersi

– nonostante l’avvicinarsi dell’inverno, tradizionalmente, plachi le attività della guerriglia, una nuova giornata del voto rappresenterebbe un nuova ribalta mediatica internazionale per i talebani…quindi nuove vittime e nuovi attacchi contro le forze di sicurezza locali e le truppe internazionali

– il primo turno ha visto una partecipazione di poco superiore al 30%, al secondo turno non potrà che essere inferiore per tutte le difficoltà sopra elencate, di quanto? Se sarà di molto più bassa, sarebbe la certificazione del fallimento del processo democratico afghano

E’ per questo che credo che si arriverà ad un governo di “unità nazionale” ovvero ad un cambiamento de facto della costituzione (rigidamente pensata dagli americani per “un uomo solo al comando”, modulo ormai fallito) con la nomina del Dr. Abdullah a capo di gabinetto, chief of staff o qualsiasi ruolo tecnico che di fatto sia quello del premier e magari anche con il recupero di Ashraf Ghanì (anche per meglio bilanciare l’etnica pasthù). I due candidati ai quali Karzai, pochi giorni prima del voto, aveva offerto ruoli di primo piano in un nuovo governo, offerte respinte al mittente. Adesso un accordo del genere potrebbe servire a dare un governo al paese almeno fino a maggio (prima data utile per il secondo turno), un governo “invernale” (simile ai nostri “balneari”) che potrebbe però durare per tutta la legislatura. O almeno questa è l’unica speranza dell’occidente e “dei” Karzai.

Sabato l’annuncio del ballottaggio?

Tra qualche giorno, probabilmente sabato, la commissione elettorale e la commissione per i brogli (la ECC) dovrebbero annunciare i risultati definitivi delle elezioni presidenziali del 20 agosto scorso. L’annuncio potrebbe essere quello di un secondo turno, lo si era già intuito nei giorni scorsi quando il membro afghano della ECC (vicino a Karzai) si era dimesso probabilmente di fronte al quadro che si andava delineando. Quella che sembra una conferma arriva da questa intervista del NY Times con l’ambasciatore afghano a Washington. La vera incognita in tutto questo quadro però è il clima, non il clima politico, quello metereologico. Se il secondo turno non dovesse essere convocato e svolto entro, al massimo, la prima settimana di novembre ampie zone del paese sarebbe impraticabili tra pioggia e neve, vedi la provincia di Ghwor o il Badashkhan, e quindi le difficoltà logistiche “strutturali” nel Paese finirebbero con l’essere moltiplicate.  In altre parole se ne parlerebbe a maggio, con altri mesi di limbo politico che nè il paese in sè nè l’Amministrazione americana (con le sue decisioni sulla nuova strategia McChrystal) potrebbero in alcun modo fronteggiare. Altra ipotesi, quella di un governo di unità nazionale con il ritiro di entrambi i candidati ed il risparmio di svariate milioni di dollari e soprattutto di parecchi morti e feriti per un’altra giornata del voto, all’insegna degli attacchi.

Elezioni, il 10 ottobre il quadro finale

Secondo fonti consultate da noi oggi a Kabul, la ECC la commissione brogli dovrebbe compleare il suo lavoro di verifica (che sta procedendo a campione) in tempo utile per l’annuncio dei risultati definitivi il giorno 10 ottobre (in realtà ieri era circolata la data del 7, ma quella del 10 appare più credibile). L’eventuale ballottaggio dovrebbe tenersi entro due settimane e sarebbe già al limite rispetto alle condizioni climatiche di alcune province, in primi il Badaskhan. Mentre scrivo vedo che anche l’Ansa poco fa ha pubblicato l’indiscrezione sulla data del 10 e c’è quindi una conferma. Per un quadro sulle elezioni vedi questo post di pochi giorni fa.

Intanto la BBC rilancia un’indiscrezione che aveva già scritto tra le righe un po’ di giorni fa, questa volta con un bel “titolo”. L’indiscrezione riguarda la rottura tra l’inviato speciale delle Nazioni Unite, Kai Eide, ed il suo vice l’americano Galbraith…proprio sul tema del riconteggio dei voti.

Elezioni afghane, verso il ballottaggio?

Le presidenziali afghane restano sospese nel limbo dell’indeterminatezza di risultati “provvisori”, ovvero quelli che commissione brogli (ECC) sta provando a scremare da schede frutto palese di frodi elettorali. Quella della ECC è una corsa contro il tempo perchè vasta parte dell’Afghanistan “chiude” alla fine di Ottobre, ovvero alle difficoltà tecnico-logistiche determinate dalle caratteristiche orografiche afghane e dall’assenza di strade già viste in agosto (ricordate i tremila asinelli che, per esempio, in Badakshan hanno portato le urne, i tavoli, le sedie, le schede fino ai seggi?) si aggiungerebbero quelle determinate dall’avvicinarsi dell’inverno (in Afghanistan sono già cominciate le prime pioggie “alluvionali”, le cosiddette “flash flood”) con pioggia e neve che rendono impraticabili intere province. In pratica un eventuale secondo turno se non si tenesse entro la fine di ottobre, dovrebbe essere previsto a maggio con, di mezzo, mesi di incertezza politica.

In altre parole non è un caso che la ECC abbia scelto di procedere a campione (vedi qui) ma solo tra i seggi con il 100% o più dei votanti o dove un singolo candidato si è aggiudicato tutti i voti o quasi. Si prova a fare presto, il prima possibile, anche se non è detto che questo processo toglierà a Karzai voti a sufficienza per farlo scendere sotto la soglia del 50% e quindi per obbligarlo al ballottaggio. E’ chiaro che gli americani vorrebbero il secondo turno, che potrebbe servire tanto a rilegittimare Karzai quando a proporre un’alternativa vera al presidente, nella persona del Dr. Abdullah. Di certo Karzai (con il suo governo incapace e corrotto) al momento, assieme ai talebani, è il principale ostacolo alla nuova strategia di counter-insurgency che il generale McChrystal sta provando ad attuare per vincere la guerra. In pratica, il punto è sempre lo stesso: perchè gli afghani, nelle aree “calde” dovrebbero scegliere di schierarsi con il governo, con il presidente, se in realtà l’apparato statale è corrotto e prepotente?
Un punto questo che ha fatto superare un altro tipo di remora sull’eventuale ballottaggio, ovvero quella sulla sicurezza. Perchè è evidente che altre settimane di campagna elettorale ed un altro giorno del voto, offrirebbero alla guerriglia un nuovo palcoscenico mediatico internazionale e decine di nuove occasioni di attacco, tra obiettivi fissi (i seggi) e mobili (i convogli elettorali e non).
C’è da dire comunque che in questo quadro così confuso, secondo indiscrezioni diplomatiche, gli Stati Uniti sono convinti che a vincere, al primo od al secondo turno che sia, sarà sempre Karzai (vedi anche qui) ed ormai hanno ripreso a ragionare con lui sui “prossimi passi”. Non è chiaro però con quanta convizione.

I dati. Gli ultimi risultati diffusi risalgono al 26 settembre (in ampio ritardo rispetto a quanto previsto dal regolamento elettorale e comunque con la mancanza delle province di Paktika, Nangarhar, Kandahar e Ghazni). Vedono Karzai al 54,6% con circa 3 milioni di voti ed il Dr. Abdullah a quota 27,8% con circa la metà dei voti ricevuti. Per avere un quadro dei risultati (vedi la sorpresa Bashardost) bisogna cliccare qui ma la pagina più interessante è questa, dove è possibile accedere ad una mappa interattiva e vedere i risultati provincia per provincia.

L’affluenza. Il dato più deludente di queste elezioni che la comunità internazionale si è affrettata a definire una vittoria, è proprio l’affluenza pari al 37.83% (62.6% uomini, 38.4% donne).

Le accuse di brogli emerse sin’ora ai danni del Presidente e del suo apparato sono, comunque, talmente estese che sollevano un dubbio anche sulla possibilità di far svolgere regolarmente il secondo turno. Si parla, nelle province dove in pochissimi sono andati a votare per motivi di sicurezza (da Kandahar a Ghazni) di urne vuote ma sistematicamente riempite con schede votate da funzionari e impiegati statali, in primisi poliziotti. In altre parole le accuse del Dr. Abdullah stanno trovando conferma. Il più quotato avversario di Karzai aveva sin dal dopo voto aveva denunciato brogli ma in questa intervista al Tg3 passa dal generico ad una specifica accusa contro il presidente. Non a caso, poi l’intervista è stata ripresa da una delle più importanti agenzie di stampa del mondo, l’Associated Press in questo lancio del 29 agosto scorso che non avevo sin’ora avuto l’occasione di pubblicare:

Karzai widens lead in Afghan election race

By JASON STRAZIUSO and ROBERT H. REID= Associated Press Writers= KABUL (AP) _ President Hamid Karzai widened his lead over his main challenger in the latest election returns, creeping toward the 50 percent mark that would enable him to avoid a run-off in the divisive presidential contest.
Karzai’s top challenger, former Foreign Minister Abdullah Abdullah, stepped up his fraud charges Saturday, raising doubts whether his followers would accept the incumbent if he wins in the first round.
Accusations of fraud in the Aug. 20 vote have poured into the Electoral Complaint Commission, which must investigate the allegations before final results can be announced.
Fraud allegations from Abdullah and other presidential candidates as well as low turnout in the violent south could strip the election of legitimacy, not only among Afghans but also among the United States and its international partners that have staked their Afghan policies on support for a credible government.
A widely accepted Afghan government is one of the pillars of President Barack Obama’s strategy to turn the tide of the Taliban insurgency. The election controversy has boiled over at a time of rising U.S. and NATO casualties, undermining support for the war in the U.S., Britain and other countries with troops here.
British Prime Minister Gordon Brown paid a surprise visit Saturday to British troops in southern Afghanistan’s Helmand province, hoping to counter critics who accuse his government of failing to support Britain’s mission here. A British Marine was killed by a bomb in Helmand on the day of the prime minister’s visit, the Ministry of Defense said in London.
Figures released Saturday showed Karzai with 46.2 percent of the votes against Abdullah’s 31.4 percent. The results are based on 35 percent of the country’s polling stations, meaning the percentages could still change dramatically.
Few results have been announced from northern Balkh province, where Abdullah was expected to run strong, and from some southern Pashto-speaking provinces where Karzai draws his support.
Karzai’s aides appeared confident that the president would score a first-round victory and avoid a run-off, which would probably be held in October if needed.
By contrast, Abdullah has been stepping up his charges, telling Italy’s RAI television that Karzai was responsible for “state-crafted, massive election fraud.” Abdullah’s drumbeat of allegations appear aimed in part at the United States and its allies, which would face some hard choices if a substantial number of fraud complaints are found to be true.
“If we allow he who robbed the votes of this country to move forward, we would give the Afghan people a future that they do not want to see, and I think this goes also for the international community,” Abdullah said in the Italian interview.
Abdullah said he would keep his protests “within the confines of the law.” “But the fact is that the foundations of this country have been damaged by this fraud, throwing it open to all kinds of consequences, including instability,” he added.
“It is true that the Taliban are the first threat to this country, but an illegitimate government would be the second.” International officials _ including Obama, the top U.N.
official in Afghanistan and the European Commission _ were quick to congratulate Afghans for pulling off the vote in the face of Taliban threats and violence.
But the massive fraud allegations that have surfaced since then have cast a dark shadow over the process, and some officials are withholding judgment on whether the election was credible.
The U.S.-funded International Republican Institute, which sent 29 international observers to monitor the balloting, urged authorities Saturday to ensure that “all complaints” be examined “in a prompt, fair and transparent manner” so the results will be accepted by most Afghans.
Senior officials from 27 countries _ including special U.S. envoy Richard Holbrooke _ are to meet in Paris on Wednesday to discuss Afghanistan, and the disputed election is likely to dominate the agenda.
During his visit with British forces, Brown promised to provide more equipment to help his soldiers cope with Taliban roadside bombs, the major threat to NATO forces.
More than 200 British soldiers have been killed in Afghanistan since the war began in 2001 _ more than Britain lost in the Iraq conflict.
“Let me pay tribute to the courage, bravery, professionalism and patriotism of our forces,” Brown told the troops at the British base in Lashkar Gah, capital of Helmand province. “I think our forces have shown extraordinary courage during this period. They know the reason why we are here and that is our security at home depends on a stable Afghanistan, no return of the Taliban, and no role for al-Qaida in the running of Afghanistan.” Brown called for speeding up the training of Afghan forces so they can play a bigger role in fighting the Taliban.
Britain has about 9,000 troops in Afghanistan, compared with more than 60,000 Americans. Obama

Candidati, ballottaggio e (promesse di) riforme

"Guida al voto" per i seggi afghani
"Guida al voto" per i seggi afghani

Conservo i miei dubbi su quanto un sondaggio elettorale possa essere attendibile in Afghanistan, ma quello pubblicato ieri dall’International Republican Institute dà per certo che si arriverò al secondo turno alle elezioni presidenziali del prossimo 20 agosto. Secondo questo sondaggio, che conferma diverse impressioni raccolte sin’ora e l’opinione dell’ambasciatore britannico a Kabul, Karzai è in testa con il 44% (quindi rispetto alle elezioni del 2005 avrebbe perso undici punti di consenso), segue al 26% il Dr. Abdullah Abdullah. Terzo l’ex-ministro alla pianificazione Ramazan Bashardost, che così compatterebbe i voti della minoranza hazara. Quarto dei meglio piazzati, l’ex-ministro Ashraf Ghani (che piace tanto all’occidente) con il 6%. E’ chiaro che se si dovesse arrivare al secondo turno (previsto, almeno sulla carta, per il primo ottobre), il vantaggio iniziale di Karzai potrebbe significare ben poco contro una coalizione dei suoi avversari. Non è un caso che il presidente uscente, qualche giorno fa, ha promesso in caso di vittoria di offrire incarichi nel nuovo governo proprio ai suoi principali avversari. Offerta respinta però al mittente.

Dr. Abdullah Abdullah. In Afghanistan il titolo di dottore è così importante (si riferisce non solo al caso dei medici ma in generale a professori e persone con una particolare istruzione) che ormai anche i media occidentali preferiscono chiamare il principale avversario di Karzai Dr. Abdullah piuttosto che Abdullah Abdullah. La vera sorpresa di queste elezioni è un medico oculista dalla lunga storia, prima nella resistenza anti-sovietica (attivo nei campi profughi in Pakistan) poi in quella anti-talebana (molto vicino a Massoud). Tagiko ma figlio di un pashtu (suo padre era stato senatore negli anni ’70) prova a giocarsi questa carte nel sud che resta un bacino di voti formidabile, ma segnato da un punto interrogativo visto che sin’ora le violenze hanno impedito una normale campagna elettorale. Dr. Abdullah è stato ministro degli Esteri del governo Karzai fino al 2006 quando si è dimesso criticando il presidente e la corruzione del suo governo. Fa parte del National Front, eterogena coalizione di ex-alleati di Karzai, che tra le altre cose chiedono riforme del sistema presidenziale (modellato su quello americano…) che vede, per esempio, governatori provinciali e distrettuali nominati dal presidente, non eletti. Un metodo sin’ora fallimentare. Per Abdullah, infine, il processo di riconciliazione nazionale con i talebani, per come sin’ora condotta, è stato una farsa.

Ashraf Ghani
è un intellettuale, uno studioso ben collegato alla comunità internazionale. E’ stato ministro delle finanze nel primo governo Karzai (premiato come miglior ministro delle finanze d’Asia nel 2003) per poi farsi da parte nel 2004. Si è laureato a New York, alla Columbia University, ed ha lavorato prima alla World Bank e poi alle Nazioni Unite nella missione afghana. Professore in università varie, da quella di Kabul a Berkley, ha studiato la ricostruzione degli cosiddetti “stati falliti”. Anch’egli di etnia pashtu, secondo indiscrezioni di stampa, potrebbe essere coinvolto in un accordo pre-elettorale per concentrare i voti di questa etnia su Karzai dandogli la possibilità di passare al primo turno diventato una sorta di primo ministro (figura che non esiste nella costituzione). Indiscrezioni però nettamente smentite dall’interessato. In questo articolo del Washington Post racconta delle sue proposte per contrastare la corruzione e il nepotismo in Afghanistan. Affascinante il ritratto di Ghani in questo articolo del New York Times.

Di Karzai si sa quasi tutto
, a cominciare dal fatto che è da sette anni al potere, mi sembra però interessante raccontare il modo in cui sta facendo campagna elettorale (pochissime le uscite pubbliche per il presidente più protetto e più minacciato forse del mondo; tra le altre cose si è rifiutato, non per motivi di sicurezza, di partecipare ad un dibattito televisivo a ToloTv con Ghani e Dr. Abdullah, promettendone un altro sulla più addomesticata tv statale RTA). Karzai ha raccolto intorno a sè alcuni tra i più potenti signori della guerra (cronica piaga afghana) tra loro il tagiko Muhammad Qasim Fahim, scelto come futuro vice-presidente, l’uzbeko Abdul Rashid Dostum (di cui ora l’America ricorda il record criminale di massacratore di prigionieri talebani), il massacratore di hazara Abdul Rab Rassoul Sayyaf, e gli hazara (sciiti) Muhammed Moheqiq e Karim Kalili (vedi al riguardo questo articolo del NY Times – sempre su Karzai consiglio di leggero questo speciale di Elizabeth Rubin, autrice dell’indimenticabile reportage “Battle Company is Out There” del 2008). Karzai sta lavorando al consenso attraverso i signori della guerra, i leader tribali e religiosi (vedi per esempio il ruolo elettorale della discussa legge sul diritto di famiglia sciita).

Sembra che Karzai stia sperando che i suoi Pashtù alla fine siano così spaventati dall’idea di un tagiko presidente da votare persino Karzai che nel “suo” sud non può più ormai mettere piede. Del resto l’idea deve fare molta paura, se si considera la notizia diffusasi ieri ovvero che il fratello di Karzai (Ahmad Wali , potente membro del consiglio provinciale di Kandahar e sospettato di essere un trafficate di droga) sta lavorando alla tregua elettorale nel sud con i talebani proprio per consentire a pasthu di andare a votare. Nello stesso giorno, il 20 agosto, il presidente ha stabilito un “cessate il fuoco” unilaterale per le forze di sicurezza governative.

Link utile: tra tutti il miglior “full coverage” delle elezioni afghane mi sembra questo del Washington Post