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Le storie degli altri

Chi fugge da un luogo pericoloso, dalla guerra, dalla pulizia etnica, da una faida tribale, dalla persecuzione etnico-religiosa, crea una distanza fisica dal suo passato ma è destinato a portasi dietro la propria storia, per sempre, anche se riuscirà “altrove” a ricostruire per sé un’apparente dimensione di vita.
La diffidenza, l’ignoranza e le generalizzazioni (di ogni segno, comprese quelle sull’accoglienza “esibita”) ci impediscono di capire le storie di chi fugge e di comprendere come il suo passato, troppo spesso, sia destinato a tornare nel presente perchè chi se ne è allontanato, l’ha potuto fare solo in termini di coordinate geografiche.
Si tratti di un parente ammalato, di un amico in pericolo, di un’estorsione, di un ricatto o della richiesta di un favore a cui non puoi opporti, il passato ritorna sempre o quasi, è statistico ; sempre o quasi attraverso quei cari che ti sei lasciato alle spalle e che ti hanno aiutato a fuggire.
Presentato oggi alla stampa alla Casa del Cinema (dal 20/9 nelle sale), il film di Costanza Quatriglio “Sembra mio figlio” ha il merito di aprire un varco nella barriera “invisibile” che separa noi dalle storie di rifugiati e migranti. Ha il merito di mostrarci uno spaccato che è specifico, dettagliato, individuale: una storia vera, di certo verosimile ma non per questo “universalizzabile”, categoria che , in un modo o nell’altro, finisce sempre per sminuire il dramma del singolo.
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Dove c’era la giungla

 

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Il porto più sorvegliato del mondo

Per rivedere il mio speciale “Dove c’era la Giungla” andato in onda il 18 febbraio su RaiTre, clicca qui.

Su Facebook potete trovare i pezzi andati in onda al Tg3, eccoli:

Grand Synthe, l’altra (diversa) Calais

Gli angeli di Calais, i volontari

La sicurezza che non basta mai

Fango, Pietre, Lacrimogeni

Calais, andata via la jungla i migranti restano

 

Pordenone, dallo stomaco alla testa

 

 

 

Il 30 novembre si è chiuso alla Casa dello Studente di Pordenone, il ciclo di incontri organizzato dall’IRSE (Istituto Regionale di Studi Europei del Friuli Venezia Giulia) su “Europa Inquieta”. Io sono stato invitato a parlare sul tema “Aiutiamoli a casa loro”. Ma cosa sta succedendo “a casa loro”?
Con me c’era Roberto Reale che ha tenuto il “filo” di tutto il ciclo degli incontri e che, oltre ad essere stato mio vicedirettore al Tg3, è anche il media watcher più accorto d’Italia (e forse per questo meno presente nel teatrino quotidiano degli opinionisti “tuttologi”, pronti a passare da qualsiasi argomento all’altro pur di stare in tv).
Sarebbe difficile riassumere qui oltre tre ore di conferenza, con un vivace dibattito finale con il pubblico. Forse, una sintesi può essere trovata in questa frase: siamo passati dallo stomaco alla testa. Con Roberto – collega dal quale ho imparato di più e continuo ad imparare – abbiamo provato a raccontare non solo “quello che succede a casa loro” ma anche la situazione italiana (a partire dai numeri degli arrivi passando all’andamento della criminalità) per numeri, dati, storie.
E’ esattamente quello che ci vorrebbe per riportare il dibattito politico in Italia ad un livello di minima palatabilità (con l’informazione a traino, nella speranza di certi editori/giornalisti che il sensazionalismo risollevi le vendite). E’ una necessità talmente ovvia che nessuno se ne farà carico, proseguendo nella sana ed italica (ma ormai contagiosa a livello globale) tradizione della divisione tra tifoserie che fanno delle proprie “ragioni” un dogma al di là di ogni ragionevolezza.

A Calais

I “calesiani arrabbiati” scendono in autostrada e bloccano migliaia di turisti britannici di rientro dalle vacanze alla fine dell’estate. Chiedono la demolizione della jungla: la baraccopoli, nella zona industriale della città, dove 10mila rifugiati vivono in condizioni drammatiche inseguendo il sogno di raggiungere clandestinamente la Gran Bretagna; sogno ormai impossibile tra recinzioni altissime e sorveglianza armata.
Ma tutti i calesiani sono arrabbiati? E soprattutto come si vive a Calais? Qual è il rapporto tra la realtà e l’immagine mediatica della città? Con in tasca il libro “A Calais” di Emmanuel Carrère («Quello che mi interessa è poter scrivere un reportage esattamente nello stesso modo in cui scriverei un libro»), ho provato a esplorare questi temi tornando sulla “costa d’opale”, un’altra di quelle piccole comunità in Europa come Idomeni, Lampedusa o Lesbos su cui grava tutto il peso della più grande crisi di rifugiati dalla seconda guerra mondiale.
Ne è nato un reportage (il mio terzo da/su Calais) per il montaggio di Guido Tombari e le immagini di Giuseppe De Angelis, che va in onda nello spazio di “Agenda del Mondo – Tg3”, sabato sera su RaiTre, alle 0.55, orario ideale per insonni e appassionati della materia (ma anche per chi vuole videoregistrare). Buona Visione!

Le spalle di Calais

I miei pezzi da Calais – Settembre 2016

Anche a fine estate, il cielo è sempre di piombo qui a Calais ma quando il sole riesce a farsi varco tra le nuvole, picchia come in ogni altra località di vacanze sul mare. Anche grazie alla luce dorata, Calais sembra ancora di più una città giardino, con le sue aiuole curatissime, draghi di fiori e arbusti che sembrano finti per quanto sono belli. Vorrei fare un esperimento: prendere un gruppo di persone e portarle qui, senza dirle che sono a Calais, nessuno immaginerebbe di trovarsi in una delle capitali della crisi rifugiati in Europa.
La giungla – squallida baraccopoli dove si vive in condizioni disumane – è come in una dimensione parallela, a chilometri di distanza, nella zona industriale, tra le dune gibbose di una vecchia discarica. Ma allora perché i calesiani sono “arrabbiati” come proclamavano lunedì mentre bloccavano l’autostrada ?
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Fango in finale

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Mi è appena arrivata una telefonata da Trieste, era il segretario dell’Usigrai – il sindacato dei giornalisti Rai – Vittorio di Trapani che mi diceva: complimenti! Io non capivo per cosa e lui pensava che io, al solito, fossi sarcastico o critico. In realtà lui mi stava dando una notizia in tempo reale dalla conferenza stampa del Premio Luchetta. Continua a leggere “Fango in finale”

Live from Calais

Live from Calais

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In diretta, sull’argine a tre metri d’altezza con Michele Cristofoletti (e Danilo Ceccarelli)

Ecco alcuni dei servizi/dirette realizzati in sinergia Rai per Tg3, Rai3 e RaiNews24, prima e durante le operazioni di sgombero della cosiddetta “giungla” di Calais, la baraccopoli dove – in condizioni drammatiche – vivono tra i quattro e i cinquemila rifugiati che sognano di arrivare in Gran Bretagna

Arresto in diretta nella giungla di Calais – Da Agorà dell’1/03/2016

 

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