Tag: Rifornimenti

Rotte, opinioni e…La Curiosità!

Meno male che c’è la “curiosità”! Così almeno si torna a parlare di Afghanistan! Per una volta, almeno, guardando anche al lato non bellico del paese. La curiosità questa svolta (scattata dopo la pubblicazione dei dati sulla telefonia cellulare nel monda) riguarda l’ex-amabasciatore talebano in Pakistan, il portavoce del movimento (negli anni in cui si “impiaccavano” le tv – e non solo – ai pali della luce), che non riesce a separarsi dal suo iPhone. E’ uno dei pochi afghani, che pur nel boom della telefonia mobile nel paese, riesce a permettersene uno.

Rotte
“ricomposte”. Dopo settimane di intenso lavoro diplomatico e dopo le anticipazioni dei giorni scorsi, è ufficiale l’ “apertura” del corridoio logistico attraverso la Russia ed il territorio uzbeko per riparare alla “perdità” di quello pakistano di cui comunque è chiaro che non si potrà fare del tutto a meno.

Opinioni. Sempre sul NY Times, che negli ultimi giorni dimostra un certo attivismo sul tema afghano (che sia l’inizio della riscoperta della guerra dimenticata? almeno da parte dei media Usa?) segnalo l’editoriale “Wars, Endless Wars” non solo perchè interessante in quanto tale ma perchè è il barometro delle critiche che stanno iniziando a montare intorno alla “surge”, l’aumento delle truppe voluto da Obama, tutte incentrate sulla crisi economica e su una domanda che sintetizzerei così: più truppe ok, ma per fare cosa? La stessa che pone il veterano John Murtha, “battitore libero” ma parlamentare esperto di questioni militari (nonchè in posizione chiave per l’assegnazione del budget alle forze armate).

“Rotte” logistiche, ecco cosa succede dopo i saccheggi

E’ un’esclusiva della tv americana Cbs di qualche giorno fa a mostrarci l’altra faccia della medaglia nella vicenda delle rotte dei rifornimenti in Afghanistan. In un mercato di Peshawar, principale centro pakistano verso la frontiera afghana (tra l’altro sede di un importante interporto), sono stati trovati in vendita, esposti come merci qualsiasi, equipaggiamenti e dotazioni dell’esercito americano, chiaramente merci saccheggiate durante gli assalti degli ultimi mesi ai convogli di camion che dal porto di Karachi attraverso il passo Khyber portano l’80% dei rifornimenti militari in Afghanistan. In vendita nei retrobottega ci sarebbero persino armi, ma basterebbero solo i cannochialii da cecchino e i dispositivi di visione nottura per colmare quel gap tecnologico che in certe situazioni di combattimento è il solo vantaggio delle truppe occidentali (i talebani nelle notti senza luna non combattono proprio perchè la loro è una guerriglia a bassa tecnologia, visori notturni inclusi).

Ma l’impraticabilità ormai sempre più manifesta della rotta logistica “naturale” per l’Afghanistan non pone solo una questione tecnica, ha riaperto invece una partita diplomatica una mossa da riedizione nel terzo millennio del “grande gioco” e che stanno complicando non poco la ridefinizione della strategia afghana della Casa Bianca.

La Russia se da un lato ha aperto il proprio territorio al transito dei rifornimenti americani (“non letali”) per l’Afghanistan ha dato la chiara impressione di aver contribuito alla chiusura della base aerea di Manas in Kirghizistan, concendendo al governo dell’ex-repubblica sovietica aiuti finanziari. Base chiave per il supporto delle operazioni in Afghanistan, da dove partono anche gli aerei cisterna per i rifornimenti in volo.
E’ l’evidente tentativo della Russia di ritornare in gioco in quella che un tempo era la sua area d’influenza, da un lato limitando la presenza “fissa” degli americani dall’altra rendendosi “partner” indispensabile (sull’intera questione dei rapporti russo-americani vedi questo editoriale del NY Times). Sul “corridoio” russo (già aperto da mesi per i rifornimenti alle truppe tedesche, francesi e spagnole) da ieri la diplomazia americana è al lavoro, con l’obiettivo di precisare – come richiesto dai russi – i dettagli dei transiti.

Ma gli Stati Uniti (impossibilitati ad aprire l’indispensabile rotta iraniana) stanno lavorando praticamente con tutte le “-stans”, le repubbliche ex-sovietiche dell’area. Il Tagikistan ha annunciato l’apertura del suo spazio aereo a tutti i carichi americani “non bellici” e un accordo preliminare è stato raggiunto con il Kazakhstan. Resto il grosso problema dell’Uzberkistan che offre uno dei migliori accessi al confinante “teatro” afghano, ma i rapporti tra i due paesi sono tesi da quando, nel 2005, gli Stati Uniti criticarono la repressione delle proteste interne da parte brutale governo uzbeko con il risultato di veder chiusa la loro base in quel paese. Un precedente che renderebbe molto complicata (ma non impossibile, visto che secondo indiscrezioni ci sarebbero già specifici contatti) l’opzione di una ripresa dei rapporti di collaborazione tra i due Paesi per l’Amministrazione Obama, tanto attenta a questi aspetti politico-umanitaria.

Rifornimenti, aumento delle truppe, miliziani, vittime civili e…

Il-logistica
Un convoglio di camion rimasto bloccato lungo la strada tra il passo Khyber e l’Aghanistan (interrotta dopo che i talebani hanno fatto saltare uno dei suoi ponti) è stato attaccato questa mattina dai talebani pakistan, che bruciandone dieci hanno così ulterirormente ricordato ai comandi militari occidentali che la rotta dal porto di Karachi e attraverso la frontiera “Pak-Af” è ormai del tutto impraticabile peccato che garantisca il 75% dei rifornimenti alle truppe straniere nel paese. In un post di ieri l’inquadramento di una questione apparentemente solo tecnica ma che è cruciale e politica, questione aggravata dalle recenti decisioni del governo del Kyrgyzstan. Per approfondirla si può leggere questo Op-Ed del New York Times di oggi, firmato da George Friedman del gruppo di analisi Stratfor, che evidenzia come la questione si giochi tutta nei rapporti sull’asse Washington-Mosca via Nato. Dell’articolo non condivido le conclusioni (What we need in Afghanistan is intelligence, and special operations forces and air power that can take advantage of that intelligence), rimaste al 2001, alla prima enduring freedom. Nel frattempo la strategia della Economy of Force si è dimostrata fallimentare sia in Afghanistan che in Iraq.

Obama, l’aumento delle truppe e…il Pakistan
Mentre continua ad essere dato per imminente (domenica?) l’annuncio del Presidente Obama sull’invio di 3 nuove brigate in Afghanistan (circa 15mila uomini in più) ma evidentemente, il complicarsi del quadro “logistico” (e gli inciampi di Obama nel suo staff ministeriale) non aiuta queste decisioni, la testata on line statunitense Politico.com rivela in questo articolo esclusivo che al Presidente è stato consegnato un memorandum del Joint Chiefs of Staff. I più sono stati colpiti dal fatto che questo memorandum invita, di fatto, ad allargare l’area delle operazioni militari americane alle aree tribali del Pakistan (dove fin’ora hanno operato solo aerei senza pilota e i loro missili “hellfire” a caccia dei capi di Al Qaeda), aspetto sul quale Obama si è più volte detto d’accordo in campagna elettorale. Quello che mi ha colpito del documento, per la verità, è il fatto che definisce come troppo vasti gli obiettivi nel Paese dell’amministrazione Bush e piuttosto che puntare a fondare una democrazia islamico-moderata di stile occidentale in Afghanistan (obiettivo di lungo periodo) invita a concentrarsi sull’eliminazione di Al Qaida e delle sue basi, in altre parole di evitare che i due paesi (Afghanistane e Pakistan) tornino ad essere utilizzati come basi per nuovi attacchi contro l’America come accaduto in passato.

Vittime In-Civili

Sono 2.100 i civili uccisi in Afghanistan nel 2008 in relazione ai combattimenti in corso, il 40% in più rispetto al 2007 (1523 le vittime due anni fa). Il dato viene calcolato da un rapporto delle Nazioni Unite (che hanno una missione nel paese chiamata Unama – il rapporto in questione è però da attribuire ai funzionari del dipartimento diritti umani) ancora in una sua versione non definitiva. Delle 1800 vittime civili (conteggiate fino alla fine di ottobre) 1000 sono da attribuire a Talebani e signori della guerra locali, 700 alle truppe occidentali (455 delle quali uccise in raid aerei), 100 vittime sono ancora da “attribuire”. Gli operatori umanitari uccisi nel corso dell’anno sono stati 36, 96 quelli rapiti nei primi dieci mesi del 2008.

La spia “buona”
Il MOD, il ministero della difesa britannico, ha confermato le indiscrezioni di stampa circolate in questi giorni, secondo cui un ufficiale (un colonnello) dell’esercito di Londra è stato arrestato in Afghanistan, dov’era di stanza, perchè sospettato di aver diffuso dati segreti. Non è la prima volta che accade (un soldato-interprete di un alto ufficiale è stato condannato a dieci anni di carcere perchè considerato spia iraniana) ma questa volta i dati “sensibili” che sarebbero stati “spiati” sono quelli delle vittime civili, passati – questa l’accusa – ad organizzazioni per i diritti umani.

Miliziani
Mentre montano le perplessità sul progetto americano di impiegare milizie locali al fianco dell’esercito regolare (ne parleremo nei prossimi giorni), oggi il Ministro alla Difesa ha parlato di altri miliziani. In una conferenza stampa a Kabul ha dichiarato che molti combattenti integralisti si stanno spostando dall’Iraq per arrivare in Afghanistan ed unirsi ai Talebani (che vengono stimati in 15mila unità). Nel corso degli scontri dell’ultimo anno, secondo il ministro Rahim Wardak il 60% dei combattenti talebani era composto da stranieri.