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Sparano i Tornado, polemiche militari

Dopo la morte del primo caporal maggiore Alessandro Di Lisio a Farah, il Ministro La Russa durante la sua visita in Afghanistan (alla quale ho partecipato per il Tg3)  aveva annunciato una serie di interventi per rafforzare la sicurezza del contingente, fuori dalla metafora politica io direi per tenere il passo dell’escalation bellica in corso nel Paese.

Il Ministro aveva parlato di più predator (aerei senza pilota da ricognizione, al momento ce ne sono due ad Herat), torrette per il mitragliere più protette sui Lince (tra le ipotesi torrette motorizzate comandabili dall’interno, in maniera tale da evitare che il mitragliere spari dall’interno) e il ricorso ai Tornado anche per fare fuoco. I Tornado sono i jet italiani arrivati in Afghanistan nell’autunno scorso (fanno base a Mazar-i-Sharif) e da allora utilizzati solo per ricognizione non per bombardare. Durante il volo verso l’Afghanistan, il Ministro ci aveva detto di pensare all’utilizzo dei Tornado anche come “copertura aerea” ma non con le bombe bensì con il cannoncino di bordo assimilabile allo stesso degli elicotteri Mangusta (utilizzato e come, da tempo). Oggi in questa intervista al Corriere, La Russa conferma che si è entrati nella fase operativa: “Dopo aver informato le Ca­mere, ho dato via libera ai co­mandanti. A loro valutare. Parliamo non delle bombe, che sull’aereo non portiamo neanche. Ma del cannoncino dei Tornado, simile a quello degli elicotteri Mangusta”


Una scelta che ha già sollevato polemiche e per giunta autorevoli.
Nel fine settimana, all’Ansa, l’ex-capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, il Generale Tricarico, aveva detto (il maiuscolo è un problema di formattazione che non riesco a risolvere): “FAR FUOCO CON I CANNONCINI DEI TORNADO NON SOLO E’ INUTILE, MA ANCHE PERICOLOSO PERCHE’ IN SCENARI COME QUELLO AFGANO IL RISCHIO DI DANNI COLLATERALI E’ CERTO”.

“COLPIRE UN TALEBANO CON LE ARMI DI BORDO DI UN TORNADO E’ FACILE COME VINCERE AL SUPERENALOTTO, MENTRE IL RISCHIO DI CENTRARE BERSAGLI DIVERSI, CIVILI INNOCENTI, E’ ALTISSIMO”

“TECNICAMENTE E’ COSI’, TUTTI LO SANNO. PROPRIO PER QUESTO LE ARMI DI BORDO DEI CACCIA NON SONO
STATE MAI USATE NEPPURE NEI 78 GIORNI DI OPERAZIONI AEREE SUI BALCANI”,

Secondo Tricarico se si vuole offrire copertura aerea ai militari impegnati a terra senza rischi di vittime civili (io direi, limitando questo rischio) bisogna armare i predator. Gli italiani hanno una versione di questi aerei senza pilota che non ha armi ovvero non senza missili “hellfire” anche detti “fire and forget” ovvero spara e dimenticatene (non è un riferimento alla morale ma alla loro capacità di seguire il bersaglio). Tra l’altro Tricarico ricorda la vecchia polemica di Rifondazione che contestò il nome aggressivo di questo veivolo come segno della natura bellica della missione durante le divisioni “afghane” all’interno del governo Prodi.

Un’ultima osservazione sull’intervista al Ministro. Almeno temporalmente noto che dopo la mia intervista al Generale Castellano (vedi post più sotto, all’interno il link al pezzo del Tg3), per la prima volta sulla stampa italiana si parla dei talebani uccisi. Ecco il passaggio, sempre dall’intervista di oggi al Corriere:

Se viene ucciso un militare italiano, la Difesa lo dichiara: dal 2001 in Afghanistan ne sono morti 15. Manca però un dato: quanti mili ziani afghani sono stati uccisi dai nostri soldati in scontri a fuoco?
«Il numero preciso non vie ne tenuto. Non c’è una conta bilità anche perché è difficile accertarlo. Di certo il numero degli insorti — talebani, trafficanti di droga, tutti coloro che compiono atti ostili — è superiore alle perdite subite dai contingenti internaziona li. E di molto».

Quelli colpiti da italiani?
«Anche per i nostri il rapporto è di sicuro più alto. Quando i nostri sono stati costretti a difendersi, gli altri hanno subito perdite. Tra i contingenti siamo quelli che hanno avuto meno lutti, an che se non per questo meno dolorosi».

1/2 Sicuro

In questi giorni, dopo la morte del primo caporal maggiore Di Lisio a Farah, si parla tanto della sicurezza dei mezzi utilizzati in Afghanistan. E’ un tema delicato, sicuramente importante, ma temo possa creare l’illusione che un “mezzo tecnico”, qualsiasi esso sia, possa azzerare il rischio di feriti o peggio vittime in un contesto difficile come quello Afghano. Contesto dove ieri, con la morte di un militare americano, è stato sancito anche statisticamente quanto male vadano le cose: il mese di luglio 2009 (che per giunta non è ancora finito) è il peggiore di sempre (leggi dal 2001) per le forze internazionali in termini di vittime.

Entrando nello specifico dei mezzi, giusto per dare una panoramica sul tema, il blindato Lince sin’ora ha salvato molte vite, il suo è un sistema a cellula di sicurezza, ovvero in caso di esplosione volano vano motore e vano carico (sto semplificando) mentre l’equipaggio è protetto dalla cellula di sicurezza interna, tutto l’equipaggio tranne il mitragliere che è poi l’uomo più esposto. Secondo indiscrezioni, non confermate dal comando italiano, Di Lisio sarebbe stato proprio l’uomo in “ralla”, ovvero il mitragliere. Il Lince dovrebbe tra poco essere utilizzato anche dai britannici, tra le cui fila il tema dell’inadeguatezza dei mezzi ha causato non pochi trambusti (vedi le dimissioni del capo delle forze speciali in polemica con l’utilizzo delle “snatch”, fuoristrada pensati per le sassaiole di Londonderry non per le IED afghane – al riguardo vedi un vecchio post). Mi dicevano alcuni militari che i britannici hanno però ordinato una versione con torretta motorizzata che appunto evita la presenza all’esterno del veicolo del mitragliere. Sulla protezione del mitragliere, ho visto anche qualche interessante post pubblicato sul gruppo di Facebook il cui nome dice tutto: “Santo Lince”.

MRAP e Freccia. Quella dei “Mine Resistent Ambush Protected” è una famiglia di mezzi, molto costosi e molto sicuri, su cui hanno puntato gli americani ordinandone migliaia. Nell’Rc-West, se non erro, gli italiani ne hanno una decina (nella versione Buffalo e Couguar).  In questi giorni ad Herat si è concluso il passaggio di “consegne” tra i tecnici dell’azienda produttrice e quelli delle forze armate che dovranno occuparsene in futuro. Nel marzo dell’anno scorso, ho viaggiato (primo mezzo – !- di convoglio logistico) su un mezzo della famiglia MRAP lungo la strada tra Jalalabad e Asadabd nell’est del paese, era uno dei primi consegnati agli americani in Afghanistan. La sensazione di protezione è totale, sono mezzi molto alti da terra la cui chiglia a “v” scarica l’onda d’urto delle esplosioni, ma sono mezzi utilizzati soprattutto in Iraq. Sono troppo pesanti e mastodontici per muoversi in un paese, l’Afghanistan, dove le strade in buone condizioni sono un’eccezione. In sintesi l’ambiente afghano ne limita l’impiego, da super-sicuri rischiano di trasformarsi in super-rischiosi se si piantano su una pista di sabbia o su un sentiero di montagna. In Afghanistan, agli italiani arriveranno i Freccia (che secondo alcune fonti di stampa, a cui non ho trovato però conferma sul posto, sono già utilizzati dalle forze speciali della TF45) una sorta di blindocentauro (quindi a sei ruote) con il cannoncino del dardo (già presente in Afghanistan, è un mezzo cingolato). Il Freccia avrà dalla sua soprattutto la capacità di “mezzo digitale” ovvero sempre in contatto con l’esterno anche attraverso occhi elettronici (per esempio quelli dell’aereo senza pilota Predator) e quindi limitando i rischi per chi deve sporgersi dalle aperture del mezzo, ma evidentemente non sostituirà il Lince che ha un impiego molto più flessibile.

Una volte un’ex-responsabile della sicurezza della Croce Rossa in Afghanistan, specialista in operazioni di cross-border (ovvero di contatto tra le parti, per esempio per lo scambio di prigionieri e di feriti, tra Mujaheddin e Talebani) mi ha detto che ha sempre preferito muoversi disarmato, perchè c’è sempre qualcuno che ha una pistola più grande della tua. E’ evidente che l’ambiente afghano pone tutta una serie di variabili e problematiche che devono essere affrontate con i mezzi giusti ma è chiaro che a blindatura super la guerriglia risponde con bomba super (come nel caso dell’enorme carica esplosiva utilizzata nell’attacco di Farah) soprattutto in un paese che ha scorte di vecchie munizioni per decenni e dove l’oppio fornisce i soldi per comprarne di nuove, a fiumi. Insomma, non vorrei essere frainteso in questa riflessione, il tema della sicurezza dei mezzi deve essere sempre affrontato per primo (del resto, molto meno dei miltiari, ma io stesso mi ci ritrovo a viaggiarci sopra) ma non deve passare nell’opinione pubblica l’idea che la blindatura risolve tutti i problemi e azzera tutti i rischi che invece ci sono e sono tantissimi. E’ vero dappertutto, nell’Afghanistan di oggi è più vero che mai.

In aggiunta a quest post, inserisco il link ad un mio pezzo andato in onda il 15 luglio al Tg3 delle 19 e che tratta, pur nei limiti della sintesi televisiva, pressochè lo stesso tema