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Casino generale

Prendere un generale che ha passato gran parte della sua carriera ad occuparsi di armi, munizioni, artiglieria nell’esercito americano; mandarlo a Kabul per addestrare le truppe afghane ad usare i nuovi (multi-milionari) veicoli blindati in arrivo dall’America; fargli un’intervista.

Il risultato di questi tre fattori combinati? Un altro strappo politico-diplomatico-umano tra il governo Karzai e gli Stati Uniti. Ed è proprio quello che è accaduto dopo l’intervista del Generale Fuller (vice-capo della missione Isaf di addestramento delle truppe afghane) al ben seguito sito web americano Politico.com. Un’intervista nella quale tutto sommato Fuller ha solo raccontato una triste verità, certo peccando in diplomazia.
Secondo il generale a due stelle il governo afghano non sembra rendersi conto degli sforzi americani in termini di vite umane e in termini economici (la missione di addestramento costa circa 12 miliardi di dollari all’anno) nonostante una drammatica crisi mondiale: “Gli afgani pensano che le strade americane sono lastricate d’oro e che noi tutti viviamo ad Hollywood!”
Commenti arrivati subito dopo le parole di Karzai su una guerra americana contro il Pakistan (con la promessa di supporto afghano al Pakistan!) e quindi frutto dell’irritazione di un generale che ha passato gran parte della sua carriera in un ufficio e ne sa poco di diplomazia internazionale  ma che (sfogo o meno) raccontano bene di come stiano andando – anche in campo militare – i rapporti tra occidentali e afghani quando si tratta di aiuti economici.
Fuller parla di richieste frutto di una mentalità plasmata dagli aiuti sovietici fatti di carri armati e aerei da caccia donati pur senza avere i fondi per curarne la manutenzione e trasformatisi in rottami. Un rapporto che Fuller descrive come la storia di quello che chiede da mangiare e vuole del pesce: “Quale pesce? Il pescespada perchè il merluzzo non mi piace…ma il merluzzo è sul menù di oggi!”.

Gli Stati Uniti e gli afghani sono ai ferri corti su questo punto, gli americani non vogliono dare a Kabul mezzi costosi che finirebbero poi in rovina senza la giusta manutenzione. Sta cedendo su alcuni punti come i costosi blindati arrivati di recente ma mostrati alla stampa su un camion perchè gli afghani non sanno ancora guidare veicoli così sofisticati. Ma il problema generale resta ed è un problema che può essere esteso a tutto il rapporto tra afghani e occidentali in termini di aiuti allo sviluppo. Da un lato c’è l’idea che gli occidentali sono illimitatamente ricchi, dall’altra c’è il tentativo di dare in maniera giusta ma badando ai propri interessi. Di mezzo c’è la complessa mentalità afghana in fatti di mediazione e il cancro della corruzione. Un puzzle difficile da ricomporre.

A proposito, e Fuller? E’ stato rimosso dall’incarico. Se ne torna a casa con una brutta figura ed un grosso vanto, dal bilancio di previsione del 2012 era riuscito a stornarnare un miliardo e seicento mila dollari di spese che non riteneva utili.

Tre tazze vuote

Sono entrambi alpinisti-scrittori ed entrambi hanno qualcosa a che fare con l’Afghanistan. Greg Mortensen ci ha creato una grande organizzazione umanitaria, raccontando la sua avventura in “Tre tazze di tè” (libro che continua a ballare da troppo tempo sulla mia scrivania ma io non riesco nemmeno ad aprirlo al contrario di milioni di persone nel mondo). Jon Krakauer in Afghanistan, invece, c’è stato in Afghanistan per ricostruire la storia di Pat Tillman nel suo libro “dove gli uomini diventano eroi” (qui la mia recensione  e post-recensione). Solo che adesso Krakauer, da ex-ammiratore-donatore di Mortensen, si è messo a ricostruire la storia raccontata nel libro, a dare la caccia alle sue scuole e ha scoperto che alcune non esistono, che altre sono vuote mentre i fondi dell’organizzazioni non sono sempre ben spesi, demolendo così un modello di “counter-insurgency” che aveva ispirato anche l’esercito americano e che era, più in generale, diventato negli Stati Uniti “il” modello di solidarietà per l’Afghanistan.

Il saggio di Krakauer costa 2,99 dollari e potete comprarlo qui. Krakauer è la principale fonte del reportage di “60 minutes” l’approfondimento giornalistico settimanale della CBS (in Italia un programma del genere non potrebbe mai esistere, troppi fatti e poche opinioni ndr). Ecco il link alla trascrizione della puntata, durante la quale Krakauer mette la vicenda così: “è una bella storia ma è una bugia”.
La fondazione “tre tazze di tè” è un colosso da 25 milioni di dollari l’anno ma soprattutto Mortensen è diventato un’icona attraverso il suo libro, quindi le denunce di Karakuer e della Cbs stanno facendo molto rumore in America, molto più di quanto possiamo realizzare qui in Italia. La sintesi migliore di come si sentano molte persone la fa Kristof l’editorialista del New York Times quando scrive: Greg’s books may or may not have been fictionalized, but there’s nothing imaginary about the way some of his American donors and Afghan villagers were able to put aside their differences and prejudices and cooperate to build schools — and a better world.

Insomma che Mortensen abbia gonfiato la sua storia e mal gestito la sua organizzazione non è cosa da poco, ma l’elemento che mi fa più tristezza in questa vicenda è un altro ovvero che se la pace non si può nemmeno costruire “una scuola alla volta” in Afghanistan, beh…non so davvero cos’altro ci resti da fare.