Dopo quaranta giorni dopo, decine e decine di email, centinaia di messaggi scambiati su ogni piattaforma, dozzine di telefonate e il più tradizionale “contatto personale” (una volta l’avremmo chiamato “porta a porta”) la campagna di “crowdfunding” per la seconda parte di “Afghanistan Missione Incompiuta” si è conclusa con un successo: 627 le copie prenotate, obiettivo raggiunto e superato (125%).
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Tag: missione incompiuta
La libertà ha un prezzo, sei pronto a pagarlo?

Dove eravamo rimasti? Era il 31 dicembre del 2014 quando il grosso delle truppe occidentali si ritirava dall’Afghanistan, da allora il Paese è letteralmente scomparso dagli schermi e dalle pagine dei giornali, nonostante il record di vittime civili e di produzione di oppio, il rischio di una nuova guerra civile, l’arrivo dell’ISIS e di altri gruppi terroristi stranieri nel Paese proprio come prima dell’11 settembre.
Il mio libro “Afghanistan Missione Incompiuta”, che molti di voi hanno sostenuto, si fermava proprio ai fatti del 2015, colmando il silenzio che era calato sulla guerra più lunga, quella combattuta dall’occidente in Afghanistan.
Dopo tre anni, il silenzio come una nebbia spessa e pesante ha continuato a gravare su Kabul, sugli effetti delle nostre scelte, sugli effetti a catena che la definitiva destabilizzazione dell’Afghanistan potrebbe causare (fino davanti alla nostra porta di casa).
E’ così che ho deciso di riprovarci, di chiedere di nuovo l’aiuto e il coinvolgimento di chi pensa che quanto accade in luoghi (all’apparenza) lontani vada capito e seguito, per solidarietà – se volete – o per egoismo – se preferite.
Voglio tornare a Kabul, raccontare quello che sta succedendo, incontrare i protagonisti e gli “invisibili” (quelli a cui nessun giornale mai dedicherà mai una riga e che di solito finiscono con l’essere solo numeri nella conta dei morti e dei feriti) guardare al dramma afghano ma anche ai segnali di speranza come la marcia per la pace da Kandahar o la recente tregua con i talebani.
COME PARTECIPARE? Di sotto c’è il link al crowdfunding, in pratica si tratta di pre-acquistare una o più copie del mio prossimo libro, l’obiettivo è alto (in realtà per fare un buon lavoro sul campo dobbiamo arrivare a quota 1000 copie) ma se sottoscrivete subito e passate parola, tutti insieme ce la possiamo fare.
CLICCATE QUI…se avete già sostenuto “Afghanistan Missione Incompiuta” sulla piattaforma ULULE siete già registrati. A proposito…QUESTA VOLTA NON BASTA UN LIKE
Dimenticare l’Afghanistan
Un camion-cisterna, piena di esplosivo, è riuscito ad arrivare sin nel cuore di Kabul, a Wazir Akbar Khan, il quartiere più “esclusivo” della città dove vivono le famiglie benestanti e gli ultimi occidentali, dove hanno sede ambasciate e uffici di organizzazioni internazionali.
Il semplice fatto che il kamikaze sia riuscito a portare la sua bomba su ruote sin lì è di per sé una misura della capacità del governo di difendere non solo la capitale ma persino il perimetro vicino al palazzo presidenziale, in pratica sé stesso.
Il bilancio è drammatico e provvisorio: almeno 90 morti e 460 feriti. Molti di quest’ultimi passeranno nella lista dei deceduti o dei mutilati a vita.
Non esistono attentati “logici” ma questo è stato talmente “assurdo” e orrendo nella sua missione di fare vittime civili che persino quei taglia-gole dei Talebani hanno preso le distanze. A rivendicare è stato l’ISIS o meglio la locale filiale del sedicente stato islamico, frutto di una scissione nei Talebani afghani (finiti in pezzi dopo l’ufficializzazione della morte del Mullah Omar) e delle offensive pakistane che hanno spinto i Talebani di quel Paese a stabilirsi oltre-frontiera.
Non è il peggior attentato della storia recente del Paese, che in realtà potremmo definire come un paragrafo – quello occidentale e post-occidentale – del quarantennale capitolo di un volume di conflitti che copre diversi secoli.
Questo attentato non sarà nemmeno l’ultimo, è l’unica certezza che abbiamo al momento.
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“Mio Eroe”, cura per la memoria (e tormento per l’anima)
Al teatro biblioteca del Quarticciolo, a Roma, ho finalmente visto “Mio Eroe” di Giuliana Musso, dopo averlo sin’ora inseguito senza successo in giro per l’Italia.
E’ un’opera di una potenza scenica assoluta, il cui cartellone riparte dopo l’estate e per vedere la quale vale la pena percorrere qualche chilometro; anche se non ve la trovate sotto casa ma nella vostra regione, andateci.
In un monologo di 75 minuti, Giuliana da in sequenza voce a tre donne che nulla hanno in comune (né il livello culturale, né la storia personale, né lo sfondo sociale in cui si muovono) salvo il fatto di aver perso un figlio in Afghanistan, caduto di una guerra che nessun italiano – tra le migliaia che l’hanno combattuta -ha potuto chiamare tale.
Ne viene fuori un affresco che non cala mai di tensione emotiva, a dispetto di una scena spoglia – dove le quinte e gli effetti speciali non trovano posto – ma riempita fino all’ultimo centimetro cubico dall’ansia, dal dolore viscoso, dalle ossessioni gelatinose di chi ha perso la persona più preziosa al mondo – un figlio – senza potersi darsene ragione.
E’ un’opera popolare nel senso più alto del termine, ovvero divulgativa, che esce dalla categoria ormai, per certi versi, consunta del teatro d’impegno civile e di denuncia. Un’opera che consente – senza necessità di preventiva lettura di trattati di geopolitica – di capire l’assurdità del conflitto afghano, che è poi l’icona per eccellenza dell’assurdità di ogni conflitto.
Il lavoro nasce dalle interviste condotte da Giuliana a madri di caduti in Afghanistan, storie che vengono trasfigurate e lasciano la dimensione strettamente personale (il singolo caso – seppur ancora individuabili da chi conosce la cronaca della “guerra più lunga”) per diventare degli archetipi.
Il lavoro merita di essere visto non solo perché aiuta a capire anche chi pensa che “beh…i militari sono pagati, è un rischio del mestiere” oppure che “In Afghanistan che si ammazzino tra di loro” ma soprattutto perché è un aiuto, forte ma palatabile per tutti, a rimuovere quell’oblio di piombo che è gravato dopo la fine sulla missione afghana e sul relativo investimento di vite e di denaro del contribuente italiano (insomma quello tanto attento all’uso del denaro pubblico che non paga il canone tv più basso d’Europa perché contesta lo spessore culturale del servizio pubblico radiotelevisivo).
Mentre in Paesi come gli Stati Uniti sulla missione afghana si è aperto un dibattito che attraversa i pacifisti come le forze armate, in Italia abbia rinunciato a discutere, ricordare,
"'Mio Eroe" from Nico Piro on Vimeo.
“Mio eroe” è un’opera da vedere anche per la sua straordinaria contemporaneità. E’ un’opera che può capire un adolescente, come qualcuno che dopo anni di militanza sta ingolfando le fila del partito dell’astensione. Il lavoro è privo di riferimenti ideologici, di quelle semplificazioni che negli ultimi vent’anni – a mio avviso – hanno messo al servizio delle carriere di pochi degli alti ideali, in nome dei quali milioni di persone hanno fatto sacrifici sperando in un mondo migliore. E’ privo quindi di quei sottintesi, di quelle citazioni, di quelle prospettive che lo renderebbero di lettura ostica a chi ha scoperto le ipocrisie di certa politica o semplicemente è nato dopo il crollo delle utopie.
In questo è un’opera rivoluzionaria perché pur confrontandosi con il tema più divisivo rimasto nella società italiana – il ruolo delle forze armate – non scade né nella retorica dei “nostri ragazzi” né in quella de “i fascisti in divisa”.
Si occupa invece di grandi enigmi contemporanei, valori sempre più liquidi dopo lo scioglimento dei ghiacci dell’ideologia ma sui quali è doveroso se non necessario continuare ad interrogarsi pur senza una bussola bicolore. Come quello, per esempio, dell’intervento militare all’estero (restiamo a guardare i massacri oppure interveniamo per complicare le cose?), del valore della patria (che è cos’altra dalla nazione), di chi è pronto a morire pur di sentirsi vivo, dell’idea stessa dell’eroe (il tema forse più abusato di sempre) e della decostruzione dell’immaginario della guerra dove a morire in minoranza sono i combattenti armati e dove, tra diarrea e puzza di cordite, di scenografico c’è ben poco.
Un’ultima nota finale, come il “disclaimer” di un elettrodomestico. L’opera è un lavoro originale di Giuliana – prodotto dalla sua compagnia, la Corte Ospitale – ma tra le sue fonti c’è anche il mio libro “Afghanistan Missione Incompiuta”, tanto che ieri ha sentito l’insana necessità di ringraziarmi a fine spettacolo. Non è per questo che ne scrivo bene, penso solo che vale la pena vederlo. Poi fatemi sapere se mi sono sbagliato
Robinson in Afghanistan
Teramo, 46
La quarantaseiesima volta. A dirlo così non sembra plausibile nell’Italia della cultura (e della lettura) negletta, eppure a Teramo la piccola associazione “Detto Tra Noi” è arrivata alla quarantaseiesima presentazione di un libro, la quarantaseiesima occasione per uno “ScambiaLibro” ovvero prendere in prestito un volume tra quelli messi a disposizione di tutti.
La quarantaseiesima volta è stata quella di “Afghanistan Missione Incompiuta”, grazie all’organizzazione del locale gruppo di volontari di Emergency. Continua a leggere “Teramo, 46”
Missione Incompiuta a TgR Petrarca
“Afghanistan Missione Incompiuta” a TgR Petrarca from Nico Piro on Vimeo
Intervista registrata durante la presentazione di Afghanistan Missione Incompiuta alla Libreria Baraonda di Torino. Clicca qui per caricare il video della puntata integrale (dal sito http://www.tgr.rai.it)
Fotocronaca da Padova
Una bella serata allo spazio di Natale di Emergency per parlare di Afghanistan Missione Incompiuta, di “guerre di pace” e per incontrare tanti che non si limitano a guardare l’italico ombelico ma guarda all’orizzonte internazionale e hanno a cuore quello che accade nel mondo (e che, in ogni caso, finisce con l’incidere sulle nostre vite). Bella la testimonianza di Luca Radaelli, reduce da sette anni trascorsi in Afghanistan in diversi ruoli negli ospedali di Emergency, dove ha visto e toccato con mano gli effetti della guerra che ha molto poco di eroico e che, invece, puzza di feci, di sangue e di morte.
Autoprodursi, ne parliamo a l’Aquila
Martedì sei dicembre al Festival del Cinema e del Giornalismo de l’Aquila, alle ore 9 all’Auditorium del Parco si proietta “KILLA DIZEZ – vita e morte al tempo di Ebola”, il mio documentario sull’epidemia di Ebola in Sierra Leone. A seguire, fino alle ore 12 circa, parliamo dell’autoproduzione per i giornalisti (quindi anche di Afghanistan Missione Incompiuta) in un seminario aperto a tutti ma valido anche ai fini dei percorsi di aggiornamento professionale per i giornalisti:
AUTOPRODUZIONE, GIORNALISTA EDITORE, CROWDFUNDING
“Killa Dizez” Un documentario sull’epidemia di Ebola in Sierra Leone
“Afghanistan missione incompiuta 2001-2015” Una missione internazionale costata milioni di euro e migliaia di vite, comprese quelle di molti italiani.
Speciale Elezioni americane in diretta Facebook
relatore:
Nico Piro, giornalista del Tg3, filmaker
Venerdì (2/12) a Roma, Sabato (10/12) a Salerno e Catanzaro
Venerdì 2 dicembre, Roma
“Afghanistan Missione Incompiuta” arriva alla Sapienza, dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale. Alle ore 9, nell’aula B/9 parliamo de “Il giornalismo di guerra tra diretta e retroscena” con il professor Christian Ruggiero (tra le altre cose, crowdfunder della prima ora).
Sabato 10 dicembre, Salerno
Alle ore 10.30 nella sala dell’Ente Provinciale del Turismo, grazie all’impegno di diverse associazioni locali, con il giornalista de la Repubblica Eduardo Scotti presentiamo Afghanistan Missione Incompiuta grazie
Sabato 10 dicembre, Catanzaro
Alle 18.30 in centro nello spazio di Natale di Emergency, si proietta “KILLA DIZEZ – vita e morte al tempo di Ebola”, il mio documentario sull’epidemia di Ebola in Sierra Leone, a seguire parliamo anche di Afghanistan e di Missione Incompiuta
Tutti gli eventi sono, ovviamente, ad ingresso gratuito…SIATECI!