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La Turchia che attraversa il Bosforo

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Numero delle vittime a parte, il golpe turco è stato talmente “da operetta” che verrebbe da pensare alla messinscena. Un “falso” (o quasi) ad uso e consumo di quell’Erdogan che ha viaggiato in cielo per qualche ora su un aereo civile (alias senza “contromisure” di difesa) e che poteva essere facilmente abbattuto anche da un solo jet “ribelle”,  di quell’Erdogan che nei giorni precedenti al “coup” aveva fatto abilmente la “pace” con Israele, Russia e Siria ovvero con tutti i vicini (o vicini contingenti militari) che avrebbero potuto approfittare anche di un golpe da operette per farne una cosa seria. La tesi della messinscena viene del resto data per probabile anche dal grande Antonio Ferrari, sul Corriere della Sera.
A parte le interpretazioni sulla vicenda, sono i suoi effetti quanto conta di più ora.
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Che succede in Afghanistan?

Che succede in Afghanistan? Scusate la domanda banale ma è così banale che se la dovrebbero porre tutti (dico proprio tutti, a cominciare dai contribuenti di mezzo occidente che pagano una costosissima missione militare e altrettanto costosi aiuti allo sviluppo). Eppure mi sembra non se la ponga nessuno, tra nuovi conflitti e la vecchia (in fatto di Afghanistan) abitudine a girarsi dall’altra parte perchè tanto – nonostante le dichiarazioni di circostanza – domina la convinzione che raddrizzare quel Paese sia impossibile.

Con questa domanda torno a scrivere di quel Paese lontano chiamato Afghanistan dove muoiono civili afghani e ragazzi/e occidentali; torno a scrivere dopo una lunga pausa nella quale ho pubblicato molto su facebook ma non sono riuscito a lavorare sul blog per mille motivi. Forse ho somatizzato il silenzio che ormai avvolge quel Paese…Ma veniamo a qualche possibile risposta alla domanda.

Partiamo dalla notizia della serata. Dopo l’hotel Serena nel 2008, stasera è toccato all’hotel Intercontinental, l’albergo dove negli anni d’oro si andava in vacanza a Kabul, è stato attaccato da un commando di attentatori suicidi, la battaglia infuria in un complesso che è molto grande, posto su una collina e accessibile da più lati anche se la strada carrabile è unica. Nel 2001 era stato quasi centrato da un razzo ma da allora l’Intercontinental era sembrato come coperto da uno scudo magico (o da un patto di quelli che ti sfuggono in Afghanistan, ma di cui vedi gli effetti). Mai attaccato nonostante sia l’albergo dove – per mille motivi – si riuniscono spesso i governatori di province e i capi distretto o comunque parte della dirigenza governativa e si tengono frequenti conferenze stampa. L’Intercontinental (l’affiliazione alla omonima catena è finita nel ’79) è soprattutto questo oltre che un hotel frequentato anche dagli occidentali, come ormai lo stanno descrivendo quasi tutte le testate.
A Kabul è ormai notte fonda, la battaglia intorno al complesso infuria, si parla di una decina di vittime e almeno sei kamikaze, domani ne sapremo qualcosa in più, sperando in un bilancio meno drammatico di quello che potrebbe essere.

Il governatore della Banca centrale afghana si è dato alla fuga ma non è scappato con la cassa. Ha messo le mani nel pasticcio della Kabul Bank che equivale ad averle messe nella presa della corrente e ora ha paura per la sua vita. E’ all’estero.
La Kabul Bank (ne ho scritto tante volte) è la più importante banca privata del Paese, simbolo del neocapitalismo afghano, ridotta a bancomat dei soliti noti, amici (e parenti) del potere, per spericolate operazioni immobiliari a Dubai. Da quando la banca centrale è intervenuto per salvare l’istituto di credito, ha denunciato il coinvolgimento dei vertici del governo ed ora Abdul Qadeer Fitrat ha paura per la sua vita. Il governo ha risposto emettendo un mandato di cattura e accusandolo di ladrocinii vari.

A pochi mesi dal suo faticoso insediamento (a settembre le elezioni e poi un lungo conteggio dei risultati), 62 neo-eletti in Parlamento su 269, pochi giorni fa, sono stati mandati a casa dalla corte speciale allestita da Karzai per combattere i brogli. Peccato che per questo ci sia la commissione elettorale indipendente e quella anti-frodi anch’essa indipendente e la mossa del presidente è stata quindi anticostituzionale. Del resto ci aveva provato quattro mesi fa a fermare l’insediamento della camera bassa (quella elettiva) di fronte alla sconfitta dei suoi candidati, ora l’esplosione a scoppio ritardato. La commissione elettorale ha rigettato la scelta di Karzai, ribadendo che gli unici risultati validi sono i suoi. Il Parlamento ho sfiduciato Karzai e il procuratore capo della magistratura afghana. Lo scontro istituzionale è totale, va in frantumi l’ultimo simulacro di democrazia a cui poteva aggrapparsi l’occidente.

Sul fronte strettamente bellico…beh le notizie continuano (purtroppo) ad abbondare…la Cnn è tornata nella valle del fiume Kunar  per constatare (la sintesi la faccio io) che nulla è cambiato in questi anni, colpi di mortaio arrivano e colpi di mortaio vanno…all day long!
Questo passaggio mi hanno colpito, è esattamente quello che ho visto io di persona: “A few days after the losses here, the unit dropped $3 million in bombs in just 24 hours. That stopped the attacks — for five days”.
Intanto mentre qualche on line italiano dimenticava di aggiornare il bilancio delle vittime ridimensionato rispetto alle prime notizie ben più drammatiche (se i drammi si misurano dal numero dei morti…), nella provincia di Logar morivano circa quaranta persone in un attacco suicida contro un ospedale. La massima attenzione mediatica l’ha avuta, in questi giorni, però la drammatica storia della bambina di otto anni a cui i talebani hanno messo in mano un bomba, fatta esplodere a distanza per colpire un gruppo di poliziotti. Nelle stesse ore (se la memoria non mi inganna), un kamikaze in sedia a rotella si è fatto esplodere in Iraq. Più che per le migliorate capacità delle forze di sicurezza ho come l’impressione che le forze anti-governative cerchino, nella loro macabra follia, espedienti del genere per riconquistare l’attenzione dei media…Un po’ come quel generale americano che ha calcolato i costi dell’aria condizionata per le truppe americane in Iraq e Afghanistan. Roba da mandarlo ad “arrostire” nell’aria a 50 gradi dell’estate nell’Helmand.

A  proposito in Afghanistan che succede? Mah, penso niente…niente di importante…

La banda del buco

Affittate una casa a trecento metri di distanza dal carcere di Kandahar. Metteci dentro un nutrito gruppo di fiancheggiatori talebani che per mesi scavino un tunnel, così profondo da passare sotto la trafficata “ring road” e sotto un paio di posti di blocco. Un tunnel che passi sotto il muro altissimo del penitenziario, un muro rinforzato come il resto della struttura dopo l’attacco del 2008 con un autobomba che portò all’evasione di mille talebani ed a giorni di dolorosi attacci contro la città.

Beh! prendete tutto questo e alla fine non avrete un film ma una storia vera: questa. Perchè tutta questa storia è accaduta per davvero. Nella notte tra Pasqua e l’italica pasquetta, il tunnel è arrivato sotto una cella del braccio politico della prigione, è stato sfondato il pavimento di cemento, spostato il tappetto che lo copriva e nel buco si sono calati quasi 500 detenuti, quasi tutti talebani, compresi numerosi capi. Dall’altra parte ad aspettarli c’erano macchine col motore accesso. Solo 26 fuggiaschi sono stati ripresi, altri 2 uccisi in un conflitto a fuoco.
Un fatto gravissimo l’ha definito il presidente Karzai, del resto se in quel buco sono entrate 100 persone all’ora, ci sono volute quasi cinque ore per farli fuggire tutti. Un po’ troppo per non sospettare che abilità o meno dei talib, dentro la prigione ci fossero degli appoggi consistenti alias basisti tra i secondini. O meglio qualcuno più importante dei secondi visto che nei giorni scorsi è stato arrestato il capo della prigione e si è scoperto che i servizi di intelligence sapevano del possibile attacco, che i detenuti talebani avevano il diritto a visite dall’esterno, copie delle chiavi delle celle e telefonini…

Ma il vero problema, oltre all’inaffidabilità delle forze di sicurezza afghane alle quali gli occidentali cominceranno a breve a passare le consegne, è la fuga in sè. La stagione dei combattimenti è cominciata, i ranghi dei talebani erano stati fortemente indeboliti dai raid delle forze speciali, vanificati in una notte. Quei capi e quei soldati talebani sono di nuovo in giro, militari afghani e stranieri se li troveranno presto di fronte sul campo di battaglia nella ostica provincia di Kandahar che tante vite è costato sin’ora provare a riportare ad un minimo di controllo. E’ questo il buco più profonde di tutta questa storia di scavi e di tunnel…

Non chiamateli incidenti

Nemmeno leggendo la stampa spagnola (che riprende l’opinione del governo sulla premeditazione dell’attentato – vedi el pais; el mundo) si capisce bene la dinamica dell’attacco di ieri a Qal-e-Now costato la vita a due poliziotti e ad un interprete iberici. Come fa ad Herat la Task Force Grifo della guardia di finanza italiana, la Guardia Civil spagnola addestra le forze di sicurezza locali nella base di qal-e-now, capitale della remota provincia di Badghis dove gli spagnoli gestiscono il locale Prt, che fa non poca fatica ad uscire dai dintorni della città. Ieri un afghano ha impugnato le armi e sparso altro sangue – inizialmente sembrava si trattasse di reclute, ora si parla dell’autista del comandante della polizia locale. Anche se in questo caso la posizione del governo spagnolo è molto chiara, episodi del genere si moltiplicano (militari o poliziotti afghani che ammazzano e feriscono elementi delle truppe occidentali – tre episodi del genere solo nell’ultimo mese se la memoria – mia e della Reuters – non inganna). La tentazione è quella di descriverli come “argument”, ovvero delle liti, degli incidenti appunto. Mi sembra invece chiaro che l’infiltrazione nelle forze di sicurezza locali dei talebani è ormai molto forte, come accadeva ai tempi dei russi (Steve Coll per esempio cita l’invito dei mujaheddin agli infiltrati a non disertare perchè più utili all’interno); in un quadro per giunta dove il reclutamento va avanti a manetta, purchè si riempiano gli organici in vista del passaggio alle forze di sicurezza locali. In sintesi, direi che l’infiltrazione deve essere presa e considerata come un dato di fatto.
Non so invece se le dure e violente manifestazioni all’esterno della base spagnola, ieri, siano state davvero organizzate come dice il governo spagnolo: le voci in Afghanistan hanno la forza di un tornado, più si diffondono e più prendono quota…immagino la voce di un afghano ucciso dagli spagnoli che si diffonde tra la gente e magari dopo un’ora si parla di un plotone di esecuzione per decine di concittadini. Di certo fa pensare rivedere le immagini dell’assalto alla base, la stessa dalla quale partono i convogli umanitari e le distribuzioni in primo luogo destinate alla città che ieri si è ribellata.
Per chiudere, i link della stampa spagnola sulle tre vittime di ieri: Jose Maria Galera, Leoncio Bravo e l’interprete, naturalizzato spagnolo da lungo tempo, Taefik Alili.

Fare Scuola

Posa della prima pietra - Scuola "Ramadù - Pascazio"
Posa della prima pietra - Scuola "Ramadù - Pascazio"

Mentre, lunedì, a Bala Morghab il convoglio italiano finiva sotto attacco, più a sud nella provincia di Herat, quasi in contemporanea, il Prt italiano posava la prima pietra di una scuola. Verrà intitolata al sergente maggiore Massimiliano Ramadù e al caporal maggiore scelto Luigi Pascazio, i genieri della brigata alpina Taurinense uccisi proprio in quell’attacco. La notizia è arrivata dal comando italiano, poco dopo la fine dei funerali dei due caduti. Gli americani di solito intitolano ai caduti le loro basi (Fob Tillman, Camp Blessing…), gli italiani hanno scelto una scuola – mi sembra una differenza non da poco, al di là della retorica della missione di pace a cui ormai non crede più nessuno. Un gesto che, tra l’altro, forse contribuirà anche a dare un po’ di sollievo a famiglie dei due alpini, il cui dolore sarà comunque incancellabile.
Mi ha fatto piacere leggere quel comunicato – subito dopo, però, ho provato a guardare al 2020 o forse solo al 2015. Mi sono chiesto che cosa sarà di quella scuola tra dieci anni? Qualcuno in Afghanistan proverà a leggere quei due cognomi stranieri pensando a quello che hanno contribuito a fare per il loro paese o il tempo, la guerra, il caos avranno intanto cancellato tutto? Insomma mi chiedo quanto durerà la guerra e cosa resterà di quello che gli occidentali stanno facendo, nel bene e nel male, in Afghanistan. Sarà il dolore per queste due nuove vittime italiane, per gli altri occidentali che continuano a morire in giro per il paese, per le tante vittime afghane che “non fanno notizia” ma ogni giorno è sempre più difficile credere che il 2013 sia un obiettivo realistico per la fine della guerra.

Almeno un’altra settimana di guerra a Marja…Ma è solo l’inizio

Mine ed IED da disinnescare, cecchini da eliminare, case da perquisire, bunker da far saltare, covi talebani (soprattutto nella parte sud della città) da bonificare…Il tutto a ritmi necessariamente lentissimi per cui a Marja si combatterà almeno per un’altra settimana. Lo sostiene il generale Lawrence D. Nicholson, che comanda la 2nd Marine Expeditionary Brigade in questa corrispondenza del Washington Post. Sin’ora a morire, secondo fonti militari, sarebbero stati 12 militari Nato (di questi, otto marines), centinaia di guerriglieri e almeno 14 civili ma la “ripresa” della città è ancora lontano e non è detto che una volta “ripulita” un’area infestata dai talebani non si apra uno stillicidio in stile iracheno di attacchi urbani su piccola scala (interessante al riguardo questo articolo di RFE). Squadre di cecchini dei marines sono state infiltrate dietro le “linee” talebane a Marja proprio per agevolare l’ingresso nella parte sud della città mentre quella nord inizia lentamente a ripopolarsi (si sta lavorando per creare una “bolla di sicurezza” via via sempre più ampia).
Ovviamente quando cesseranno i combattimenti, inizierà la vera battaglia…quella per conquistare il supporto della popolazione locale e mostrare loro che conviene stare dalla parte del governo Karzai. E più passa il tempo, più i civili rimangono in ostaggio di una battaglia che non li appartiene, più sarà difficile convincerli che ne è valsa la pena.


Marja non è che l’inizio
, questo era chiaro da tempo ma il generale Petraeus (l’uomo dell’Iraq “pacificato”, l’ispiratore di McCrhystal e della strategia aghana di Obama) oggi a “Meet the Press” della Nbc ha spiegato come dopo la città dell’Helmand (dove tra l’altro ipotizza un mese di tempo per renderla completamente sicura) toccherà ad altre roccaforti talebane (anche nell’italiana Farah quindi?), in una campagna che durerà dai 12 ai 18 mesi (la Bbc ha una buona sintesi dell’intervista). Pare certo che il prossimo bersaglio sarà Kandahar, la capitale spirituale dei talebani.