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Cattiva informazione o fonti cattive?

La notizia diffusa ieri sera dall’edizione on line del London Times, ovvero che avrebbero confessato i tre italiani arrestati (perchè ormai di fermo non si può più parlare) dai servizi segreti afghani, è stata smentita dalla sua stessa fonte, ovvero il portavoce del governatore di Helmand, intervistato oggi da Fausto Biloslavo per “il giornale” in un articolo molto completo e ricco di indiscrezioni anche dal lato dei nostri servizi (consiglio di leggerlo – tra l’altro, finalmente, dopo qualche ora dalla sua pubblicazione sul sito ha anche ricevuto un titolo all’altezza del corpo dell’articolo). Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, che pure ieri sera – dopo l’indiscrezione del Times – aveva rafforzato i toni delle sue dichiarazioni verso un ulteriore presa di distanza dalla vicenda (o almeno questa è stata la mia impressione), oggi “pur senza citarlo esplicitamente, ha accusato il britannico Times di aver dato ‘una notizia erronea’ ” – leggo sulle agenzie. Frattini ha espressamente parlato di cattiva informazione.

Restano però sul tappeto due elementi. Jerome Starkey l’autore dell’articolo per il London Times è un giornalista esperto, reduce da una clamorosa inchiesta nella quale ha sbugiardato la Nato su un raid delle forze speciali americane finito in tragedia e in un tentativo di copertura (ne ho scritto in questo blog), inchiesta costagli una durissima polemica con il comando centrale. Insomma, sarà pure britannico come i militari che sono intervenuti all’ospedale di Emergency (solo per bonficare gli ordigni esplosivi o come parte dell’operazione – resta un mistero) ma mi sembra al riparo da accuse di “connivenze”. Inoltre resta “agli atti” l’articolo della CNN di ieri che parla addirittura del coinvolgimento dei tre arrestati italiani nell’uccisione del producer di Daniele Mastrogiacomo, alla conclusione di quel tragico sequestro probabilmente l’origine della vicenda di questi giorni. Per dirla più chiaramente, non credo ad una negligenza giornalistica; al contrario vedo (anche dal tono della stampa internazionale in genere) una spinta in direzione “colpevolista” da parte di certe fonti. Tiro le somme e con Kipling ricordo che, in quelle terre, il grande gioco è così grande che non se ne vede la fine…Ovvero che siamo entrati in una fase ancora più confusa di questa vicenda (prescindendo dai fatti che l’hanno avviata e quindi dalla eventuali responsabilità da accertare) nella quale – come al solito in Afghanistan – si scontrano interessi e poteri non sempre coincidenti, autorità multiple e non-coordinate nel frammentato quadro del Paese (per esempio mi colpisce la cautela mostrata sin’ora dal portavoce del ministero degli Interni forse il segno di una rottura tra centro e periferia su questo caso). Tutti elementi che, se non si interviene presto, faranno assomigliare sempre più questa storia ad una matassa che continua ad aggrovigliarsi.

Le bugie della forze (poco) speciali

Bastava leggerlo, per capire che ci fosse qualcosa di strano in quel comunicato della Nato che raccontava dell’ennesimo raid notturno finito male in Afghanistan. Il raid era avvenuto nei pressi di Gardez, provincia di Paktika, il 12 febbraio, e raccontava di corpi di donne “tied up, gagged and killed” nei quali erano – come dire – “inciampati” gli uomini delle forze speciali durante il raid. Insomma la solita crudeltà talebana o della famiglia che, magari, aveva ucciso le donne ore prima e se le teneva in casa…Ma era tutto troppo strano. La Nato ieri in tarda serata ha ammesso la verità, ovvero la responsabilità delle sof americane. Ma andiamo con ordine, se l’ha fatto è solo grazie ad un giornalista coraggioso e bravo che si è fidato dei suoi contatti locali, ha preso un camion di rischi (supportato dal suo giornale, mica poco!) e si è recato sul luogo del raid, ci è rimasto per circa tre giorni ed ha raccolto testimonianze univoche sull’uccisione di due donne incinta, una ragazzina e due poliziotti. L’articolo viene pubblicato il 13 marzo scorso sul London Times il 13 marzo. L’autore Jerome Starkey, ne ricostruirà il lavoro in un articolo pubblicato dal watchdog della prestigiosa Nieman Foundation (ecco il link – l’articolo lo ripubblicherò integralmente a breve per la sua importanza ma, sin da ora dico che non sono d’accordo con alcune delle cose che ha scritto Starkey).

Ieri sera si arriva alla svolta, sintetizzata in questo articolo del NY Times (il Times di Londra nel frattempo è diventato a pagamento quindi non posso inserire il relativo link),  con la Nato che ammette l’uccisione ma – aggiungo – non il depistaggio che sarebbe avvenuto persino estraendo dai cadaveri i proiettili (inconfondibili quelli delle forze speciali) dai corpi delle donne. Ecco il comunicato integrale per come l’ho ricevuto ieri (in grassetto ho evidenziato i passaggi che mi sembrano più interessanti):

2010-04-CA-005
For Immediate Release

Gardez investigation concludes

KABUL, Afghanistan (Apr. 4) – A thorough joint investigation into the events that occurred in the Gardez district of Paktiya province
Feb. 12, has determined that international forces were responsible for the deaths of three women who were in the same compound where two men
were killed by the joint Afghan-international patrol searching for a Taliban insurgent.
The two men, who were later determined not to be insurgents, were shot and killed by the joint patrol after they showed what appeared
to be hostile intent by being armed. While investigators could not conclusively determine how or when the women died, due to lack of
forensic evidence, they concluded that the women were accidentally killed as a result of the joint force firing at the men.
“We deeply regret the outcome of this operation, accept responsibility for our actions that night, and know that this loss will
be felt forever by the families,” said Brig Gen. Eric Tremblay, ISAF Spokesperson. “The force went to the compound based on reliable
information in search of a Taliban insurgent and believed that the two men posed a threat to their personal safety. We now understand that the
men killed were only trying to protect their families.”
“We are continuing our dialogue with our Afghan security partners to improve coordination for future operations and help prevent
such mistakes from happening again,” said Tremblay. The investigation also reviewed the information released by ISAF
Joint Command, ISAF and the Afghan Ministry of Interior, and found the releases issued shortly after the operation were based on a lack of
cultural understanding by the joint force and the chain of command. The statement noted the women had been bound and gagged, but this
information was taken from an initial report by the international members of the joint force who were not familiar with Islamic burial
customs.
“We regret any confusion caused by the initial statements and are committed to improving our coordination and understanding of Afghan
culture and customs,” said Tremblay.
ISAF officials will discuss the results of the investigation with the family of the individuals killed, apologize for what happened, and will provide compensation in accordance with local customs.