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Perchè Mojo Italia sta “spaccando”? C’è speranza per un giornalismo fatto diversamente?

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Per andare in diretta con uno smartphone basta pochissimo: un microfono, un supporto e ovviamente la batteria carica

Premessa 1: Questa non è un’auto-celebrazione (per assenza di concorrenti sono il direttore e l’ideatore di Mojo Italia), è un pensare ad alta voce, a tratti con una certa incredulità.

Premessa 2: Mojo Italia è il primo festival italiano di mobile journalism e di smart filmaking (produrre notizie multimediali e raccontare per immagini usando strumenti a basso budget come gli smartphone) si svolge alla Casa del Cinema di Roma, “nella splendida cornice” di Villa Borghese. Dal 21 al 23 settembre (occhio il seminario del 23 è presso la sede di ASR) Stampa Romana e l’Associazione Italiana Filmaker offrono 15 seminari gratuiti con i top expert italiani, accreditati per la formazione obbligatoria dei giornalisti (ma aperti anche ai non giornalisti.
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Mojo in trasferta, Bologna e Milano


Per la prima volta i corsi di Mobile Journalism – che abbiamo lanciato a Stampa Romana portando il mojo in Italia – si stanno spostando dalla capitale. Il 23 e 24 ottobre con Enrico Farro dell’associazione Filmaker siamo stati a Bologna, prima tappa “fuori porta”, ospiti del sontuoso Palazzo Magnani nel centro storico. Prossima tappa a Milano, il 6 e 7 novembre (qui per dettagli e info d’iscrizione). Questi due corsi vengono organizzati dal Centro di Documentazione Giornalistica, storico riferimento per l’aggiornamento professionale per i giornalisti italiani. Va detto che si tratta dell’unica struttura – per giunta specializzata – che ci ha consentito di portare il mobile journalism fuori Roma (quindi oltre il territorio di competenza di Stampa Romana, che nell’abbracciare il mojo è stata coraggiosa pioniera) conservando il nostro spirito: quello di divulgare, di condividere nuovi strumenti per una professione che se non cambia muore.

Mojo, Corso avanzato a Roma

Mojo, Corso avanzato a Roma

Nelle foto, la due giorni presso Stampa Romana con me ed Enrico Farro per il corso avanzato di mobile journalism. Da quando abbiamo lanciato la formazione sul mobile journalism in Italia, è la seconda volta che si tiene il corso avanzato. Si tratta di un modulo di due giorni destinato a chi ha già fatto il primo livello, con l’obiettivo di consolidare le competenze di produzione sul campo.
La comunità dei mojoers italiani (mojo è una sorta di super-acronimo di mo-bile jo-urnalism) continua a crescere come l’entusiasmo per questi nuovi strumenti di produzione.

 

Mo-Jo e l’integrazione

Autostrada A16, bivio in direzione dell’Eurotunnel e del terminal traghetti di Calais. Siamo presi nel “blocco” da quasi 13 ore quando la nostra telecamera “principale” decide di abbandonarci. Non sono bastate le batterie di riserva per resistere ad ore di riprese della manifestazione, interviste, acquisizioni per il montaggio. Impossibile spostarsi anche solo di qualche chilometro (verso i bar e i negozi che vediamo al di là del guard-rail) tra cordone della polizia, decine di Tir e di trattori che hanno preso una delle principali autostrade del nord della Francia, la rete che circonda le carreggiate e impedisce persino di andar per campi.
Ma è quello il momento in cui, i leader della protesta salgono su un Tir e raccontano dell’esito delle trattative con il governo, insomma cominciano le scene finali della storia. E qui entra in campo la phone-o-grapy. L’iPhone era sopravvissuto alla lunga giornata grazie alla ricarica in usb nella macchina, montato con il rig/lente della BeastGrip e un mic panoramico – quindi nella sua versione mojo – ci ha salvato consentendo di portare a casa la “fine” della giornata.
In quanto giornalista di un grande network (che quindi ha un flusso di lavoro nel quale compare la figura specializzata dell’operatore professionale) sul campo ho potuto apprezzare il valore del Mo-Jo soprattutto dal punto di vista dell’integrazione: poter coprire due eventi, due luoghi, due angolazioni della stessa scena in contemporanea; sostituire la prima camera nel caso di un malfunzionamento o di una indisponibilità; fare quello che la prima camera non riesce a fare, per esempio per via di luoghi angusti come possono essere la cabina di un fuoristrada, un’ascensore oppure un elicottero.
L’ho potuto sperimentare anche durante il terremoto del 24 agosto 2016, sul fronte della Marche, dove tra l’altro il mo-jo aveva potenzialmente anche una marcia in più potendo coprire a livello video (sia in diretta che con contributi filmati) le ore immediatamente successive agli eventi prima che la macchina dei grandi network arrivasse con parabole, radio-camere e tutti gli apparati su cui possono contare in eventi del genere.

In sintesi, il mo-jo può servire (e tanto) anche a giornalisti che non sono freelance e che lavorano per grandi network.

PS: per approfondire la phone-o-graphy e il mobile journalism, ASR organizza un nuovo corso ad ottobre.