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Cuore d’Africa

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Campo di Mayo – Editing in process

Il mio reportage dal Sudan “Cuore d’Africa” è andato in onda su RaiTre, nella rubrica di esteri del Tg3 “Agenda del Mondo”, sabato 27 maggio. Nonostante l’orario di messa in onda (l’1,29) ha ottenuto un fantastico risultato d’ascolto (8,35%, 400mila spettatori), a ulteriore smentita di chi sostiene che certi argomenti e questioni lontane da noi non interessano alla “gente”.
Per rivedere la puntata, vai su RaiPlay.

Sudan, cuore d’Africa

Il mio viaggio in Sudan per i dieci anni del centro di cardiochirurgia “Salam” dell’organizzazione Emergency, l’ospedale che pratica chirurgia specialistica in condizioni tanto difficili è un’eccellenza italiana in Africa.

Ecco i miei pezzi

Appuntamento a Torino

Appuntamento a Torino

In attesa dell’anteprima italiana di “Killa Dizez” nella sua versione finale, che si

Appuntamento a Torino
Appuntamento a Torino

terrà a Milano a dicembre (seguono dettagli) il 26 ottobre al Cecchi Point di Torino si presenta il libro “Zona Rossa” di Gino Strada e Roberto Satolli, in proiezione c’è anche un versione breve del documentario di Nico Piro. L’appuntamento è alle 19.30 per l’apericena, alle 21 la proiezione e poi il dibattito. Il ricavato servirà a sostenere i progetti di Emergency in Sierra Leone. (post di EF)

Tutti a casa (1)

La vicenda Emergency si è conclusa. Avrei potuto seguirla sul campo e non l’ho fatto per altri impegni (c’era un’altra battaglia da combattere, quella per la sopravvivenza della Rai, se vi interessa saperne di più cliccate qui e poi qui) per lo stesso motivo non l’ho seguita nemmeno sul blog. Per questo, adesso a “bocce ferme”, posso tirare le somme su una storia che è finita bene (con i tre italiani liberati e il nome di Emergency immacolato da accuse gravissime) ma che si lascia molti strascichi. In primo luogo il comportamento dell’Italia in quanto paese, che si è confermato essere la terra dei tifosi: un Paese che – con pochissime eccezioni – si è diviso sin dal primo minuto tra innocentisti e colpevolisti, tra quest’ultimi in particolare ho notato la bava alla bocca di molti che gongolavano come se avessero ascoltato le ultime intercettazioni sugli imbrogli della squadra avversaria nel campionato di calcio di Serie A.
Purtroppo, molti colpevolisti erano uomini di governo e mi ha lasciato di sasso ascoltarli (caso mai qualcuno di noi si dovesse trovare nei guai all’estero sappia che non sarà un cittadino italiano ma un esponente di sinistra o di destra). Nessuno ha avuto la minima percezione di come un comportamento del genere non avrebbe fatto altro che aggrovigliare ancor di più quella matassa afghana (e in mezzo alla settimana sembrava che se ne fosse ormai perso il bandolo). Nessuno soprattutto ha avuto la capacità di separare il giudizio sull’operato di Emergency che è senza dubbio meritevole di lodi, da quello sulle posizioni di Gino Strada, che possono piacere o meno (indimenticabile, da questo punto di vista, la definizione di un esponente della Pdl che ha definito RaiTre come “TeleTalebani” dopo la puntata di Fazio con Strada!).

Secondo elemento, la confusione iniziale (o almeno è sembrata tale) della nostra diplomazia che ha rilasciato dichiarazioni incerte e, ad un certo punto, sembrava fidarsi del London Times (a cui è stata chiaramente passata una polpetta avvelenata, come alla Cnn) piuttosto che attendere le informative dei nostri servizi “in teatro”. Nel suo complesso la vicenda sembra aver confermato i dubbi di chi temeva che la diplomazia italiana in Afghanistan sia oggi più debole di quanto fosse anche solo pochi mesi fa – del resto c’è voluto l’arrivo da Roma dell’ambasciatore Iannucci per sbloccare la situazione.

Infine, il nodo del contendere. L’ospedale di Lashkar Gah, intanto, è chiuso. Se mai dovesse riaprire e soprattutto se dovesse riaprire prima dell’inizio dell’offensiva Nato su Kandahar, a quel punto capiremo tante cose. O meglio capiremo se davvero l’obiettivo di tutta questa vicenda era la chiusura dell’ospedale “testimone scomodo”  (come hanno sostenuto Strada e molti osservatori) oppure se si è trattato di un intreccio tra vicende locali, molto locali, e lo scontro di potere tra il governatore dell’Helmand e il governo centrale. E se dovesse essere vera la seconda ipotesi, a quel punto l’ospedale riaprirebbe (e in fretta visto che ce n’è bisogno come il pane) smontando ogni teoria del complotto.
In conclusione, segnalo anche dalla stampa italiana un paio di opinioni (critiche ma senza partigianerie) su Emergency, ovvero l’intervento di Toni Capuozzo su il Foglio (che ho trovato integrale solo su questo sito) e l’intervista a Gabriele Torsello su La Stampa (che però ho trovato integrale su quest’altro sito di cui – per inciso – non condivido le chiose, ma è l’unico dove ho trovato il testo dell’intervista). Di entrambe le opinioni (critiche) apprezzo che siano state rilasciate a vicenda conclusa.

Cattiva informazione o fonti cattive?

La notizia diffusa ieri sera dall’edizione on line del London Times, ovvero che avrebbero confessato i tre italiani arrestati (perchè ormai di fermo non si può più parlare) dai servizi segreti afghani, è stata smentita dalla sua stessa fonte, ovvero il portavoce del governatore di Helmand, intervistato oggi da Fausto Biloslavo per “il giornale” in un articolo molto completo e ricco di indiscrezioni anche dal lato dei nostri servizi (consiglio di leggerlo – tra l’altro, finalmente, dopo qualche ora dalla sua pubblicazione sul sito ha anche ricevuto un titolo all’altezza del corpo dell’articolo). Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, che pure ieri sera – dopo l’indiscrezione del Times – aveva rafforzato i toni delle sue dichiarazioni verso un ulteriore presa di distanza dalla vicenda (o almeno questa è stata la mia impressione), oggi “pur senza citarlo esplicitamente, ha accusato il britannico Times di aver dato ‘una notizia erronea’ ” – leggo sulle agenzie. Frattini ha espressamente parlato di cattiva informazione.

Restano però sul tappeto due elementi. Jerome Starkey l’autore dell’articolo per il London Times è un giornalista esperto, reduce da una clamorosa inchiesta nella quale ha sbugiardato la Nato su un raid delle forze speciali americane finito in tragedia e in un tentativo di copertura (ne ho scritto in questo blog), inchiesta costagli una durissima polemica con il comando centrale. Insomma, sarà pure britannico come i militari che sono intervenuti all’ospedale di Emergency (solo per bonficare gli ordigni esplosivi o come parte dell’operazione – resta un mistero) ma mi sembra al riparo da accuse di “connivenze”. Inoltre resta “agli atti” l’articolo della CNN di ieri che parla addirittura del coinvolgimento dei tre arrestati italiani nell’uccisione del producer di Daniele Mastrogiacomo, alla conclusione di quel tragico sequestro probabilmente l’origine della vicenda di questi giorni. Per dirla più chiaramente, non credo ad una negligenza giornalistica; al contrario vedo (anche dal tono della stampa internazionale in genere) una spinta in direzione “colpevolista” da parte di certe fonti. Tiro le somme e con Kipling ricordo che, in quelle terre, il grande gioco è così grande che non se ne vede la fine…Ovvero che siamo entrati in una fase ancora più confusa di questa vicenda (prescindendo dai fatti che l’hanno avviata e quindi dalla eventuali responsabilità da accertare) nella quale – come al solito in Afghanistan – si scontrano interessi e poteri non sempre coincidenti, autorità multiple e non-coordinate nel frammentato quadro del Paese (per esempio mi colpisce la cautela mostrata sin’ora dal portavoce del ministero degli Interni forse il segno di una rottura tra centro e periferia su questo caso). Tutti elementi che, se non si interviene presto, faranno assomigliare sempre più questa storia ad una matassa che continua ad aggrovigliarsi.

Grosso guaio a Lashkar Gah

Emergency in Afghanistan np©2007
Emergency in Afghanistan np©2007

La vicenda afghana che vede coinvolta Emergency diventa sempre più difficile e complessa. E’ da poco circolata l’indiscrezione del prestigioso quotidiano britannico The Times, raccolta da fonti afghane, secondo cui i tre italiani arrestati avrebbero confessato la loro partecipazione al complotto per uccidere il governatore della provincia di Helmand. Un’indiscrezione che arriva alla fine di una giornata nel corso della quale Gino Strada, da Milano, in conferenza stampa, ha attaccato duramente il governo Karzai, parlando di sequestro non di arresti e sintetizzando la vicenda con “è cominciata la guerra contro un’ospedale”. In pratica Strada ha ribadito come l’ospedale della sua organizzazione a Lashkar Gah rappresenti un “testimone scomodo” della guerra occidentale in Afghanistan. Del resto, durante l’offensiva nella vicina Marjah a febbraio, proprio da quell’ospedale erano partite denunce sulle vittime civili. Alle dichiarazioni di Strada è seguita la consueta polarizzazione del mondo politico italiano. La vicenda è destinata a trascinarsi in uno scontro tra chi accusa più o meno apertamente Emergency di fiancheggiare i talebani e chi non può credere ad accuse che hanno dell’incredibile per la loro gravità e dubita degli interrogatori e delle indagini afghane.

Intanto, il nostro ambasciatore a Kabul ha incontrato i tre membri dello staff di Emergency e li ha trovati in buone condizione. Nelle agenzie internazionali sono comparse anche le dichiarazioni più caute (rispetto a quelle del governatore provinciale) del portavoce del Ministero degli Interni che ha detto di non poter confermare (nemmeno di smentire, quindi) le accuse che i tre abbiano partecipato al complotto. Il nostro Ministro degli Esteri ha sentito oggi il suo omologo afghano, dichiarandosi fiducioso sulle indagini. A sera è arrivata poi l’indiscrezione del London Times. Alla quale va ad aggiungersi quella della CNN che parla del coinvolgimento dei cooperanti italiani nell’uccisione di Adjmal Nasqbandì, producer di Daniele Mastrogiacomo, ucciso in circostanze ancora poco chiare dopo il rilascio del reporter italiano. Insomma un’altra accusa oltre a quella di aver partecipato ad un piano per uccidere il governatore.

Di certo i rapporti tra Emergency e parte delle autorità afghane sono difficili dai tempi del dopo-Mastrogiacomo e dell’arresto di Hanefi, com’è certo che nell’ospedale sono state trovati armi ed esplosivi e che quindi, tra le varie ipotesi se non è da escludere la macchinazione, non è da escludere nemmeno quella di un collaboratore infedele nello staff locale della struttura.
Capire come siano arrivate lì quelle cinture esplosive potrebbe restare un altro mistero “afghano”, sul quale ci si dividerà di nuovo – in Italia come in Afghanistan. Del resto quello è sempre più il paese dove è possibile dire tutto e il contrario di tutto, dove per esempio il presidente un giorno attacca gli occidentali per i brogli elettorali e il giorno dopo visita il quartier generale della Nato. Mentre scrivo Gino Strada da Fazio ha appena lanciato l’invito a sottoscrivere l’appello on line “io sto con Emergency” spiegando che vede in atto una manovra per screditare la sua organizzazione.
Da testimone della quantità e della qualità dei servizi sanitari gratuiti che l’organizzazione ha prestato e presta agli afghani – ho il timore che, comunque vada questa vicenda, sarà sempre più difficile per Emergency restare in quel Paese. Mi sembra l’elemento più triste di una vicenda già di per sè tristissima e preoccupante.

Emergency: fermati tre medici in Afghanistan

Emergency
Emergency in Afghanistan

Secondo  quanto riferisce Maso Notarianni di PeaceReporter, stamane uomini dell’NSD (il National Security Directorate – i servizi segreti afghani) con il supporto di personale Isaf sono entrati nell’ospedale di Emergency a Lashkar Gah fermando tre medici italiani e sei membri dello staff locale. Secondo il governatore della provincia (sentito dall’AP e da altre agenzie internazionali), durante l’operazione sono state trovate munizioni e cinture esplosive, in pratica i fermati sono sospettati di aver favorito kamikaze e specificamente – secondo quanto riferisce lo stesso governatore Gulab Mangal – di aver favorito un complotto ai suoi danni. Una notizia che ha dell’incredibile se si considera – al di là di tutto – che Emergency è un’organizzazione umanitaria e non violenta e che, per esempio, non ha sorveglianza armata delle proprie strutture, negli ospedali come sui mezzi di Emergency non può entrare personale armato. Tutta la vicenda è comunque ancora molto confusa e poco chiara. La Nato – secondo fonti di stampa – ha smentito di aver partecipato all’operazione che sarebbe stata tutta afghana, com’è di solito avviene in casi del genere.
Di chiaro c’è solo una cosa, come ai tempi del dopo-Mastrogiacomo, è scoppiata una “grana” molto grossa che potrebbe trascinarsi a lungo anche perchè si parla di un’accusa gravissima e comunque sia, come tanti episodi in Afghanistan, destinata a lasciarsi dietro dubbi e sospetti in un’atmosfera nebulosa. Da RaiNews24 ecco le immagini diffuse dai circuiti internazionali sul blitz nell’ospedale, nelle immagini si vedono chiaramente i soldati Isaf (britannici, chiaramente non forze speciali, apparentemente membri della TF Helmand) all’interno dell’ospedale, uno di loro – lo si sente nel video -spiega agli agenti dell’ANP che sta per arrivare il team di bonifica ordigni esplosivi per quelli rinvenuti nel deposito della struttura. Inizialmente avevo pensato che la smentita di Isaf fosse stata motivata dall’intervento di forze speciali Usa (che non sono sotto il comando Isaf) ma dalle immagini si vede chiaramente la sola presenza di militari dell’esercito di Londra – anche se non è chiaro quanto dopo il blitz vero e proprio siano state girate le immagini. I dettagli in casi del genere e in Afghanistan, in particolare, sono fondamentali per comprendere il quadro generale.

Intanto sono stati diffusi i nomi dei tre italiani coinvolti: l’infermiere Matteo Dell’Aira, coordinatore medico dell’ospedale, il chirurgo bresciano Marco Garatti e Matteo Pagani, tecnico della logistica. Ecco il comunicato di Emergency. Domenica la conferenza stampa di Gino Strada.

Di sotto copio&incollo da un pezzo di Repubblica.it una sintesi sulla posizione della Farnesina che mi sembra prenda le distanze da tutta la vicenda, assumendo una posizione molto cauta:

La precisazione della Farnesina. Il ministero degli Esteri conferma la notizia, aggiungendo che il ministro Franco Frattini sta seguendo gli sviluppi della vicenda in stretto raccordo con l’ambasciata italiana a Kabul e le autorità locali. In attesa di poter conoscere la dinamica dell’episodio e le motivazioni dei fermi, il governo italiano ribadisce la linea di assoluto rigore contro qualsiasi attività di sostegno diretto o indiretto al terrorismo, sia in Afghanistan così come altrove.
La Farnesina precisa tuttavia che “I medici italiani in stato di fermo lavoravano in una struttura umanitaria non riconducibile nè direttamente nè indirettamente alle attività finanziate dalla cooperazione italiana”.


L’ospedale di Emergency a Lashkar Ga
h, capitale della provincia di Helmand (leggi roccaforte talebana e capitale mondiale dell’oppio) è in “primo piano” da settimane perchè ha tenuto alta l’attenzione sulle vittime civili dell’operazione Moshtarak a Marjah in febbraio, ricevendo una grande copertura mediatica internazionale (ecco alcune delle testimonianze diffuse, in quei giorni, dallo staff dell’ospedale). Alias l’unico modo, all’epoca, per molti giornalisti per vedere e raccogliere le storie dei feriti è stato visitare l’ospedale dell’organizzazione di Gino Strada (vedi qui il report di Al Jazeera girato in quei giorni). C’è anche da dire che la linea di Emergency è sempre stata molto chiara su un punto, ovvero: offriamo assistenza sanitaria a tutti, senza chiedergli da che parte stanno, compresi presunti “talebani”. Non è escluso che fatti del genere possono aver contribuito a rendere tesi i rapporti con le autorità locali. Non vorrei sbilanciarmi in previsioni ma questa storia potrebbe diventare una seria ipoteca sulla permanenza di quell’ospedale – pur così importante per la popolazione – nella capitale dell’Helmand.

Ho trovato in circuito (non riesco a citarne la fonte e me ne scuso) questa intervista al generale Fabio Mini, militare in pensione che è anche un acuto e coraggioso commentatore, mi sembra molto interessante. Eccola:

Emergency e’ diventata, soprattutto dopo il sequestro di Daniele Mastrogiacomo, un’organizzazione “scomoda e sgradita a molti” in Afghanistan. “Anche in ambito Isaf aleggia il sospetto che l’associazione di Gino Strada dia manforte ai talebani”, ha spiegato il generale Mini, “da tempo sull’organizzazione e’ calata la mannaia del sospetto “. Per il generale Fabio Mini, ex comandante della forza multinazionale Nato in Kosovo (Kfor), l’irruzione nell’ospedale di Emergency a Lashkar Gah dei servizi afghani e dell’Isaf per prelevare quattro medici -tra cui tre italiani- puo’ avere due chiavi di lettura. “O si tratta di un controllo che l’Isaf sta facendo su tutte le organizzazioni non governative”, ha spiegato il generale Mini, “e allora si potrebbe parlare quasi di ‘routine’, anche se in questo tipo di operazioni mai si arresta o preleva qualcuno; oppure sono i servizi segreti afghani che, a causa dei vecchi sospetti di collusione di Emergency con i talebani e probabilmente disponendo di informazioni mirate, vogliono dare un giro di vite contro l’azione sgradita di chi cura i feriti senza chiedere la carta d’identita’ e senza schierarsi”. Secondo Mini si tratta comunque di “un’intimidazione”. Emergency, ha sottolineato l’ex comandante di Stato maggiore delle forze Nato del sud Europa, “e’ scomodissima: e’ il ‘cattivo’ modello di quello che puo’ funzionare quando parli con il nemico, e in Afghanistan queste cose non si possono sentir dire, nonostante le aperture di Obama”

Il riferimento di Mini è alla vicenda di Ramatullah Hamefi, mediatore del sequestro Mastrogiacomo e collaboratore di Emergency a Lashkar Gah, arrestato dopo la (tragica per il giornalista afghano Ajmal Nashbandi) conclusione del sequestro.

Da quanto si legge sul NY Times (qui il link), in pratica – secondo gli investigatori – il piano sarebbe stato quello di un primo attentato in un luogo molto affollato, a seguire un secondo attentato durante la (prevedibile) visita del governatore ai feriti in ospedale per ucciderlo, colpendolo in uno dei rari momenti in cui non è “blidantissimo”.

Rifinanziamento della missione, parla Gino Strada

Mentre in parlamento va avanti l’iter per il rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan, parla Gino Strada. Ecco l’intervista tratta da CNR media

Gino Strada, con che animo vive questo nuovo voto del Senato che rifinanzia la missione italiana in Afghanistan?

“Vivo questo voto con l’animo disgustato da questa classe politica, che definisco di delinquenti politici. Perché quando una classe politica, la stragrande maggioranza del parlamento, vota contro la Costituzione del proprio paese, delinque contro la propria Costituzione, quindi il termine è appropriato. Oltre questo c’è lo sdegno per chi non vuol vedere la strage di civili che sta avvenendo in questi giorni, proprio in queste ore, dove si stanno compiendo crimini di guerra inauditi. Non solo si massacrano civili ma si impedisce che i feriti vengano evacuati negli ospedali. Di questo, ovviamente, abbiamo numerose testimonianze, da parte dei pochi che sono riusciti a superare i cordoni che le forze di occupazione hanno disposto intorno ai luoghi dei bombardamenti. Chiediamo ancora, con forza, che si apra un corridoio umanitario per soccorrere la popolazione civile di Marjah”.

Il Ministro La Russa ha detto che i nostri aerei non possono commetteri gli errori fatti dagli americani che hanno bombardato dei civili.

“Al ministro chiedo, e allora cosa sono i nostri, aerei da turismo? Cosa fanno, portano in giro i turisti a vedere i bombardamenti? Cosa ci fanno gli aerei militari in zone dove si sta bombardano? Sono affermazioni ridicole. Piuttosto, possiamo indicare alcuni dei pericolosi terroristi feriti dalle operazioni militari nella zona di Marjah. Feriti, perché i morti non li vediamo. Un ragazzo di 10 anni di nome Fasel, una bambina di 12 di nome Rojah che stava prendendo acqua al pozzo e si è presa una pallottola in un fianco, Said, di 7 anni, con una pallottola nel torace, un bambino di 9 anni di nome Akter che stava guardando dalla finestra quando gli hanno sparato in testa… questi sono i talebani”.

Pensa che nel nostro paese ci sia una percezione reale di quello che succede in Afghanistan?

“I nostri politici non sanno niente dei talebani, non sanno di cosa parlano. Non saprebbero nemmeno indicare l’Afghanistan su una cartina muta. Purtroppo, questa è la gente che prende decisioni costano la vita a tanti afgani. E che costa una quantità di soldi impressionanti agli italiani. Siamo un paese dove si perdono centinaia di migliaia di posti di lavoro e si buttano via centinaia di milioni in una guerra per sostenere questo piuttosto che quel governo afghano. Mi piacerebbe avere un parlamento decente. Sull’Afghanistan continuano a dire agli italiani bugie clamorose, palle gigantesche. L’unica cosa da fare è smettere di sostenere questa classe politica. Io, personalmente, mi rifiuto di andare a votare. Lo farò quando ci saranno politici degni di questo nome”.

Daniele De Luca CNR media 22/02/10

“Fare pace” con Emergency

Emergency - Ospedale in Panshir
Emergency - Ospedale in Panshir np©07

Sabato e Domenica in molte piazze italiane (clicca qui e poi sulla mappa per conoscere quella a te più vicina) sarà possibile aiutare l’organizzazione di Gino Strada. Ne parlo non solo perchè sono un amico di Emergency e sono sicuro che ogni centesimo che arriva a questa organizzazione finisce dove deve finire, ovvero – in forme diverse – agli ammalati nei posti tra i peggiori del mondo; ma anche per il particolare impegno che Emergency ha in Afghanistan sia in aree ancora pacifiche (il Panshir) che nelle retrovie (Kabul) come in prima linea (la provincia di Helmand). Ecco il comunicato su questa iniziativa

La mia idea di pace. IO RIPUDIO LA GUERRA e sostengo Emergency.

“La nostra idea di pace” è da oltre 15 anni un progetto molto concreto: oltre 3 milioni e mezzo di persone curate in ospedali, centri chirurgici, pediatrici e di riabilitazione che Emergency ha costruito e che gestisce per garantire assistenza medico-chirurgica gratuita e altamente specializzata alle popolazioni dei paesi colpiti dalla guerra e dalla povertà.

Se questa idea di pace è anche la tua, puoi sostenerla con la tessera di Emergency.
Contribuirai così a dare attuazione a un diritto umano fondamentale – il diritto alla cura – e diventerai sostenitore e testimone di un progetto di pace possibile e reale.

Puoi fare la tessera di Emergency con una donazione di € 30 – € 20 sotto i 25 anni e oltre i 65.

La tessera di Emergency dà inoltre diritto a ottenere sconti e facilitazioni presso librerie, teatri, gallerie d’arte in tutta Italia.

Il 24 e il 25 ottobre potrai fare la tessera presso i banchetti di Emergency in 200 piazze italiane.
La tessera ha validità da gennaio a dicembre dell’anno in corso

Italia, la Repubblica dei Guerrafondai…Gino Strada e l’Afghanistan

(ANSA) – PIACENZA, 21 LUG – “L’Italia e’ la Repubblica dei delinquenti-politici: tutti guerrafondai, giustificano ogni cosa. Come potrei stimarli? Lo stesso presidente Napolitano nei giorni scorsi ha parlato contro la Costituzione, giustificando l’intervento dei nostri militari in Afghanistan a dispetto dell’art.11 che contiene gia’ la posizione dell’Italia nei confronti della guerra. Io credo nella Costituzione, nella difesa sua e dei suoi contenuti”. Cosi’ Gino Strada, dal palcoscenico del Bobbio Film Festival – diretto da Marco Bellocchio – dove ha presentato ‘Domani torno a casa’, il documentario realizzato da Fabrizio Lazzaretti e Paolo Santolini nel 15/o anniversario di Emergency. “La guerra dipende dal denaro e dalle decisioni di persone mentalmente sottosviluppate – ha detto poi il fondatore di Emergency ai redattori di Radioshock, un’emittente radiofonica formata da pazienti psichiatrici impegnati in un percorso riabilitativo del Dipartimento di Salute Mentale della Ausl di Piacenza – E’ la cosa piu’ sconvolgente e rivoltante che ci possa essere per me. In questo senso mi definisco contro la guerra e non pacifista: nella visione del mondo dei pacifisti la guerra e’ contemplata, nella mia non esiste”.

Il fondatore di Emergency ha parlato anche della Cecenia, il Paese che rimpiange di non essere riuscito ad aiutare. “Abbiamo chiesto di poter costruire un ospedale in Cecenia poco dopo lo scoppio della guerra. Non abbiamo ottenuto nemmeno risposta dalla Russia”. Poi ancora sull’Afghanistan: “Oggi e’ particolarmente preoccupante per noi. Solo pochi giorni fa c’e’ stata una pioggia di razzi a qualche centinaio di metri dalle nostre strutture”. E sull’impegno per il mondo: “La geografia della tragedia e’ talmente vasta che si potrebbe far girare un mappamondo, chiudere gli occhi e puntare il dito su un paese a caso: ovunque c’e’ bisogno di aiuti”. (ANSA).

Grazie della segnalazione alla collega Celia Guimaraes di RaiNews24 che mi ha “coperto” mentre ero in volo di ritorno dall’Afghanistan