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Hard Landing

In gergo militare è l’equivalente di un atterraggio d’emergenza ma il gergo militare abolisce ogni parola che possa far paura e allora via “emergenza” sostituita da “hard” ed ecco l’atterraggio “duro”. Quest’anno ce ne sono stati quindici per altrettanti elicotteri dell’Isaf in Afghanistan, roba “fisiologica” in un Paese senza strade dove i “chopper” volano per migliaia di ore al mese. Solo in due casi, tra questi 15, è stata colpa del fuoco nemico. La seconda volta sabato scorsa nella valle di Tangi nella provincia di Maidan-Wardak. Un episodio che ha riscosso grande attenzione da parte di media (non solo quelli italiani) che pure ormai l’Afghanistan l’hanno dimenticato.

Il peggior giorno della guerra in Afghanistan per le truppe occidentali, il più alto numero di caduti in un singolo incidente, la strage di corpi speciali, l’uccisione di incursorsi della stessa unità (il cosiddetto Team VI) che ha ucciso Bin Laden. Beh concorderete che di spunti drammaticamente “suggestivi” in questa triste storia ce n’erano tanti, però io continuo a pensare che l’ “hard landing” sia tutto per la strategia occidentale, un atterraggio “duro” come quando durante il sonno ti giri e cadi dal letto.

La valle di Tangi è un’altra Korengal (strenue battaglie a parte), un posto abbandonato dagli occidentali qualche mese fa per un passaggio pro-forma alle truppe afghane che si sono subito trovate di fronte la bandiera talebana al vento. Un posto che è una roccaforte a tutti gli effetti, inaccessibile e protetta, un luogo perfetto dove organizzare attacchi alla vicina capitale e alla strada che la collega al sud. Un posto dove è necessario continuare a condurre raid, operazioni a così alto rischio che un primo team finisce nei guai ed un secondo deve intervenire come accaduto sabato notte, abbiamo visto con quali esiti.

Insomma se la strategia Isaf di McChristal voleva concentrare le truppe dove c’è la popolazione per garantire sicurezza, abbandonando aree remote e così è stato fatto ma, intanto, quest’ultime sono tornate ad essere “isole pirata”, è fin troppo facile parlare di spirale perversa.
L’esistenza di un luogo come la valle di Tangi l’abbiamo scoperto per via di questo drammatico incidente, quanti altri ce ne sono in giro per l’Afghanistan? E soprattutto l’occidente nascostosi dietro il cadavere di Bin Laden per giustificare una missione compiuta che compiuta non è, come può continuare a far finta che tutto sta andando per il meglio? In altre parole come si può continuare a pensare che nel 2014 la sicurezza in Afghanistan sarà tale da consentire il passaggio finale alle truppe locali e il ritiro?
Visto che non accadrà ma sarà solo una ritirata a questo punto, c’è da chiedersi perchè non ritirarsi subito?

PS: un po’ di link con analisi e ricostruzioni dell’episodio 123

One shot

Gli unici dettagli sulla dinamica li conosciamo dal portavoce del governatore della provincia di Maidan-Wordak: “i talebani hanno sparato un razzo e hanno abbattuto l’elicottero”. Nella cautela di una circostanza del genere, l’Isaf ammette la presenza di “enemy fire” nell’area, insomma si stava combattendo.
Secondo i primi dettagli emersi, l’elicottero si stava alzando in volo dopo aver recuperato una squadra delle forze speciali, mista americano-afghana, durante un’operazione notturna contro un gruppo di talebani…poi lo schianto.

A morire sono stati 38 uomini, 31 americani e 7 afghani. Il peggior bilancio di sempre per numero di caduti (per le truppe straniere) in un singolo incidente, dal 2001 ad oggi.
Il 2011 si avvia a togliere il primato al 2010 come numero di militari stranieri caduti (sui civili ammazzati siamo già al record).

Maidan-Wardak è una provincia in mano ai talebani, un corridoio verso Kabul, sulla quale gli americani stanno lavorando da ben prima della “surge” (l’aumento delle truppe) voluto da Obama. L’incidente di ieri notte sarebbe potuto capitare in qualsiasi altro momento, un colpo “fortunato” nella macabra contabilità della guerriglia, ma accade proprio ora che l’occidente ha avviato la fase di transizione, il passaggio della responsabilità della sicurezza da forze occidentali a forze afghane. L’operazione che dovrebbe portare nel 2014 al ritiro delle forze straniere. Questo episodio diventa così l’ennesimo evidente segno che la situazione in Afghanistan sta precipitando di giorno in giorno e ai progressi militari nel sud degli americani, la guerriglia risponde portando caos, terrore e morte in giro per l’Afghanistan.

Dell’episodio di ieri notte (la cui notizia è stata diffusa da Karzai attraverso una nota di condoglianze) c’è ancora molto da sapere, sono convinto che verranno fuori in futuro notizie interessanti anche sull’operazione stessa, così tragicamente conclusasi. Resta un dubbio “tecnico” ovvero l’arma usata dai talebani, se si è trattato di un “classico” rpg sovietico non cambia nulla, è stato un “gran” centro (balisticamente parlando), ma resta l’ipotesi che armi più precise e con vocazione “anti-aerea” siano state nelle mani del gruppo, un dato non secondario per gli occidentali che nel controllo dei cieli trovano un elemento di superiorità tecnologico-militare decisivo verso ribelli che meglio conoscono il terreno e sono in numero superiore.

Ma questi sono aspetti che si chiariranno in futuro, per ora resta lo shock dell’America in un mondo mediatico dove lo stillicidio quotidiano di vite – anche se il totale è tristemente lo stesso – fa meno notizia di 38 vittime in un colpo solo.

L’anno peggiore

Lo schianto è avvenuto nella provincia di Zabul, nel sud talebano, nove i morti: tutti americani (lo anticipa la Fox). Si portano dietro un triste primato, secondo conteggi indipendenti (iCasualties e Kabul Pressistan) con queste vittime, il numero dei caduti occidentali nel paese arriva almeno a quota 529. Anche se mancano tre mesi alla fine dell’anno, il 2010 è già il peggiore dalla caduta dei talebani. Segno di quanto infuri la battaglia in Afghanistan e di quanto sia difficile.

Altri numeri oggi arrivano dalla commissione elettorale che fissa al 47% l’affluenza alle urne, contando 4,3 milioni di elettori effettivamente presentatisi ai seggi. La base è al solito ballerina e si arrivà così a questa percentuale così alta che in realtà è riferita al più basso numero di elettori delle 4 consultazioni svolte sin’ora. La Fefa, organismo indipendente afghano che ha monitorato le elezioni (pochissimi gli osservatori internazionali) annuncia un vasto quadro di irregolarità (qui per una sintesi) anche se preferisce non pronunciarsi ancora sulla questione chiave: ovvero la portata dei brogli. In Afghanistan non potrebbero non esserci brogli, fisiologici per mille motivi (dall’assenza di sicurezza alla fragilità dell’apparato statale), il punto è capire se qualcosa è migliorato o no rispetto al quadro dei brogli sistematici e “di Stato” delle presidenziali del 2009. Sembrerà un dato per “intenditori” e appassionati della materia, ma da questo dato dipende la posizione degli alleati. Sarebbe sempre più difficile per l’occidente continuare a sostenere un governo tanto privo di credibilità.