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Pat Tillman - "Dove gli uomini diventano eroi" quarta di copertina
Pat Tillman - "Dove gli uomini diventano eroi" quarta di copertina

E’ stata una passeggiata per quanto è bello. In un paio di giorni sono riuscito ad arrivare alla fine di “Dove gli uomini diventano eroi”, il libro appena uscito in Italia e dedicato alla storia di Pat Tillman (vedi il post precedente) e non posso non definirlo: un libro da leggere – nonostante una traduzione non sempre all’altezza (a proposito, gli azeri vivono in Azerbaigian, gli hazara sono una minoranza etnica afghana…) e un titolo che fa pensare a tutt’altro che a una storia con tante sfumature come questa – ne ho avuto conferma quando un mio collega ha trovato il libro sulla mia scrivania e sbalordito ha pensato che stessi leggendo chissà quale testo fascio-militarista.
Ed è questo proprio uno dei punti dell’intera vicenda, ma andiamo con ordine.

Il libro merita di essere letto perchè ricostruisce le vicende di Pat Tillman, per la prima volta non solo in chiave biografica (come aveva fatto il libro scritto dalla madre di Pat) ma anche raccontandone in dettaglio l’episodio della morte per fuoco amico nella provincia di Khost, Afghanistan orientale, facendo chiarezza anche grazie ad un lavoro di “scavo” tra le migliaia di pagine delle diverse commissioni militari d’inchiesta, il cui lavoro sembra essere stato piuttosto che cercare la verità quello di seppellirla in un voluminoso faldone. Ma al di là del valore “storico” del libro che tanto ci dice sulle guerre al terrore dell’amministrazione Bush, mi ha colpito la sua capacità di raccontare una figura complessa come quella di Pat che noi europei a tutt’oggi facciamo fatica a capire e che è stata inizialmente snobbata nella stessa America, incendiata e divisa dalla sua guerra più sbagliata di sempre, quella in Iraq.
Leggendolo ho avuto conferma che continuiamo a guardare all’America secondo chiavi di lettura come destra-sinistra, militarismo-antimilitarismo, guerra-pace e così via che sono spesso totalmente inadeguate a capire certi fenomeni. Il libro di Jon Krakauer racconta di uomo che è andato in guerra pur essendo “di sinistra”, anti-Bush e sicuramente “antimilitarista” volendo utilizzare quelle categorie (gli estratti dei diari di Pat, pubblicati per la prima volta in questo libro, ce ne danno la conferma); andato in guerra soprattutto perchè la sua coscienza non lo lasciava in pace a vivere la vita agiata di un campione di football mentre altri americani mangiavano la polvere a migliaia di chilometri di distanza, rischiando di morire. La storia di Pat ci racconta del piacere della sfida (“l’odissea di Pat Tillman” è il sottotitolo all’edizione americana del libro che meglio rende tutta questa vicenda) del desiderio di mettersi alla prova di fronte ad imprese impossibili come giocare nella Nfl nonostante un fisico non gigantesco (sotto-standard) o, appunto, entrare a far parte dell’elite delle forze speciali.

Nonostante Pat non sia stato un campione forzuto e senza cervello che, da neo-nazionalista, davanti alle telecamere di FoxNews imbraccia il fucile e va in guerra, purtroppo la sua è una figura tanto complessa e sulla quale tanto ha speculato l’amministrazione Bush, che non ha sin’ora ricevuto la giusta attenzione, men che mai in Europa o in Italia che invece si è innamorata di storie ben più lineari e “spendibili” sull’altare dell’anti-americanismo come quella della «peace mom» Cindy Sheehan (tra l’altro, ormai dimenticata, oggi che attacca Obama).
Per porre rimedio a questa ingiustizia adesso c’è questo libro, nonostante il titolo che, in Italia, lo indirizzerà esattamente a chi non dovrebbe leggerlo e viceversa. Presto a chiudere il conto con il grande pubblico ci sarà un film – ci scommetto – e allora di Pat Tillman si tornerà a parlare magari in tempi più maturi per capire certe complessità…

Dove gli uomini diventano eroi

Dove gli uomini diventano eroi

Con una traduzione del titolo che non rende bene la complessità della storia trattata, è uscito ieri in Italia “Dove gli uomini diventano eroi” (“Where men win glory”) il libro su Pat Tillman scritto da Jon Krauker (Corbaccio – 459pp – 18,60 euro ). Sia il titolo originale che (in particolare) la sua traduzione mi hanno lasciato perplesso perchè in Afghanistan non si diventa solo eroi ma anche assassini, imbroglioni, propagandisti a spese di cadaveri ancora caldi proprio come accaduto ai protagonisti della storia di Pat.
Jon Krakauer è l’autore dello struggente “Into the Wild” (“nelle terre estreme”) da cui l’omonimo film diretto da Sean Penn. Oggi la Repubblica ha dedicato (meritoriamente) un’intera pagina a questo suo nuovo libro che racconta una storia che merita di essere conosciuta e che, di sicuro, finirà sul grande schermo. L’intervista a Krakauer letta oggi su la Repubblica, per la verità, mi ha un po’ deluso perchè mi ha dato l’impressione di un certo “distacco” dall’Afghanistan dell’autore – Un distacco che mi ha sorpeso perchè Krakauer è un alpinista e durante le sue ricerche ha passato alcuni mesi in Afghanistan, ma è come se – ripeto – non fosse scoccata la scintilla, ho paura che questo aspetto possa averne condizionato il lavoro ma saprò dirlo solo quando avrò letto per bene il libro.
La riservata famiglia di Tillman ha aperto l’archivio di Pat a Krakauer perchè nel suo zaino, restituito ai parenti con gli effetti personali c’era proprio un libro di questo autore.

Pat Tillman
Pat Tillman

Il libro l’ho comprato solo poche ore fa (e tra l’altro mi ha fatto piacere trovarlo sugli scaffali più in vista alla Mondadori di piazza Cola di Rienzo – nel centro di Roma) non ho avuto sin’ora che l’occasione di sfogliarlo ma mi sembra che contenga tutta la profondità del personaggio Tillman.
Pat era un campione con contratto milionario, astro nascente della Nfl, la National Football Legue negli Stati Uniti. Gigante buono, scalatore di torri dell’illuminazione degli stadi, lontano dai capricci delle star sportive con lamborghini dai colori pastello (girava in un pick up scassato) e abbigliamento hip-hop. Tillman dopo l’11 settembre lascia il successo e si arruola nell’esercito americano per diventare un soldato delle forze speciali, morirà con il brevetto da Ranger (“we lead the way”) sul braccio nell’est dell’Afghanistan o meglio in quel gran casino chiamato provincia di Khost.
Morto da eroe – farà credere l’amministrazione Bush – mentre gli americani perdevano la prima battaglia di Falluja e la Casa Bianca aveva bisogno di un eroe per distrarre l’attenzione dal caos iracheno. In realtà si scoprirà, poi, che Pat è stato ucciso da fuoco amico e in circostanze ancora misteriose che coinvolgono anche l’attuale capo della missione militare in Afghanistan, il generale McChrystal, all’epoca capo delle forze speciali.
Tillman è stato un eroe-suo-malgrado, come solo i californiani riesco ad esserlo con la loro “ingenuità” nel senso alto del termine e quella vena hippy, naif, che non ti aspetteresti mai in qualcuno che corre i cento metri in dodici secondi, pesa oltre cento chili e colpisce con una testata qualcun’altro che magari per fare cento metri, di secondi ce ne mette dieci. Kraukauer nell’intervista (che purtroppo non è stata pubblicata sul web) la definisce la “parte femminile” di Tillman. Aggiungo io – il suo è un personaggio incredibile, capace di unire umiltà e a successo, patriottismo e divisa senza mai cadere in quella retorica alla John Wayne che (scherzi del maledetto destino) hanno cucito addosso al suo cadavere.

Nota personale: sarà la passione per il football americano, sarà che la storia di Tillman mi ha sempre colpito anche quando nessuno ne parlava, ma a lui ho dedicato il primo post di questo blog e non è stato di certo un caso.

Da rivedere: una puntata de “La Storia Siamo Noi” dedicata al Caso Tillman