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Le storie degli altri

Chi fugge da un luogo pericoloso, dalla guerra, dalla pulizia etnica, da una faida tribale, dalla persecuzione etnico-religiosa, crea una distanza fisica dal suo passato ma è destinato a portasi dietro la propria storia, per sempre, anche se riuscirà “altrove” a ricostruire per sé un’apparente dimensione di vita.
La diffidenza, l’ignoranza e le generalizzazioni (di ogni segno, comprese quelle sull’accoglienza “esibita”) ci impediscono di capire le storie di chi fugge e di comprendere come il suo passato, troppo spesso, sia destinato a tornare nel presente perchè chi se ne è allontanato, l’ha potuto fare solo in termini di coordinate geografiche.
Si tratti di un parente ammalato, di un amico in pericolo, di un’estorsione, di un ricatto o della richiesta di un favore a cui non puoi opporti, il passato ritorna sempre o quasi, è statistico ; sempre o quasi attraverso quei cari che ti sei lasciato alle spalle e che ti hanno aiutato a fuggire.
Presentato oggi alla stampa alla Casa del Cinema (dal 20/9 nelle sale), il film di Costanza Quatriglio “Sembra mio figlio” ha il merito di aprire un varco nella barriera “invisibile” che separa noi dalle storie di rifugiati e migranti. Ha il merito di mostrarci uno spaccato che è specifico, dettagliato, individuale: una storia vera, di certo verosimile ma non per questo “universalizzabile”, categoria che , in un modo o nell’altro, finisce sempre per sminuire il dramma del singolo.
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Non è finita

Metto insieme un po’ di cose che penso di aver capito su questa guerra libica, seppur a distanza (questo non è stato il mio giro); una guerra forse più sporca delle altre nella sua apparente linearità:

1) Con la (parziale) presa di Tripoli, la guerra non è finita anzi è probabilmente cominciata per davvero. Non è un caso che dalla Russia arrivi oggi un nuovo appello alle trattative. I messaggi di sfida del raiss sono pura propaganda ma sono anche un appello ai suoi, gente che per quarant’anni ha vissuto grazie al regime, sparsi in tutto il Paese.
La caserma di Gheddafi è caduta nella mani dei ribelli solo al livello del suolo, nel sottosuolo ci sono ancora lealisti pronti a morire. Nel Rixos, l’albergo dei giornalisti, gli inviati sono praticamente agli arresti, non possono uscire, glielo impediscono i soldati del raiss

2) Con l’abbattimento di un’altra statua, qualche anno fa, a Baghdad, la guerra che doveva finire in realtà cominciò sotto forma di guerriglia (ied, kamikaze, sabotaggi, azioni di terrore), condotta non solo da Al Qaeda ma soprattutto dagli ex-membri del partito Baath (l’equivalente della jamahiria libica, il partito-movimento di Gheddafi)

3) I berberi e le tribù dell’ovest saranno più brave di quelle dell’est, che per sei mesi hanno fatto un ping-pong bellico sull’autostrada tra Benghazi e Sirte, conquistando posizioni e perdendole il giorno dopo. Intanto le truppe di Gheddafi (dopo mesi di combattimenti e di bombe) hanno perso pezzi e una parte dei fondi del raiss sono finiti.
Ma non mi dite che quest’avanzata lampo su Zawya e Tripoli non sia figlia delle forze speciali straniere. La Nato smentisce di averle dispiegate ma non esclude che l’abbiano fatto i singoli Paesi (Francia? Inghilterra? …). E’ presumibile che abbiano addestrato, organizzato e guidato l’avanzata ribelle oltre a “chiamare” i bombardamenti mirati che non possono essere decisi solo dal cielo (con la ricognizione degli aerei senza pilota) e che per essere coordinati da terra richiedono tecnologie e conoscenze che hanno poche migliaia di persone al mondo.

4) Senza il supporto aereo della Nato i ribelli non avrebbero mai resistito nè arrivati dove sono arrivati, questo mi sembra un dato certo e fuor di discussione.

5) Gli attacchi aerei della Nato hanno protetto i civili? Sì ma mi sembra che l’abbiano fatto in un senso talmente vasto che è diventato molto discutibile. Per esempio affondare le barche sulle quali fuggivano gli uomini di Gheddafi dalla raffineria di Zawya qualche giorno fa, serviva a proteggere i civili nel senso che prima o poi quegli uomini armati avrebbero potuto uccidere civili? Oppure è stato un modo per aiutare i ribelli a consolidare il bastione di Zawya, indispensabile per prendere Tripoli?

6 ) Perchè la guerra ha avuto un’accelerazione così forte ad agosto? La risposta più semplice sembra essere quella della scadenza della missione Nato. Si sapeva bene che, tra crisi economica dell’Europa e lo stallo nel conflitto, a settembre la missione sarebbe stata messa in discussione, ridotta probabilmente in maniera molto significativa. Dopo l’Afghanistan, era un colpo che la Nato non poteva permettersi di subite, da qui la spinta verso Tripoli di questi giorni.

7) Un anno fa, giorno più giorno meno, Gheddafi arrivava a Roma accolto come un sovrano capriccioso e da coccolare, a cui tutto era consentito anche la propaganda islamica all’ombra del cupolone. Una scelta lungimirante…Cose che capitano quando si confondono i rapporti personali con i rapporti tra Stati. La crisi libica ha segnato un duro colpo per la politica estera italiana e più in generale per il quadro dei rapporti mediterranei del nostro Paese.

8 ) I ribelli sin’ora sono stati uniti solo dall’odio per Gheddafi e dalla paura che potesse ribaltare le sorti del conflitto. L’uccisione del loro capo militare a Benghazi (una storia torbida e ancora poco chiara) è stato il segnale più chiaro delle loro divisioni profonde. Cirenaica contro Tripolitania, berberi contro le altre tribù, ex-gheddafiani contro coloro che gheddafiani non lo sono stati mai, laici contro integralisti…Speriamo si mettano d’accordo.

9) La Libia non è la Tunisia e nemmeno l’Egitto, è un Paese che esiste come entità indipendente dal 1951; da sessant’anni, quaranta dei quali passati sotto il dominio di una dittatura (seppur laica). Certo ci sono i giovani che oggi fanno la differenza, ma dopo quattro decenni di tirannia, la Libia non è chiaramente pronta ad affrontare e costruire una democrazia. Sarà un cammino difficile

10) Gheddafi è pazzo? O meglio Gheddafi morirà con l’Ak47 in mano? Il raiss è un personaggio quanto meno bizzarro o forse, come ricordava Igor Man anni fa, è un vero beduino, una mentalità difficile da capire dall’esterno di quella cultura. Gheddafi è stato capace di accumulare armi di distruzione di massa ma poi fare un passo indietro dopo la caduta di Saddam, ha commissionato l’attacco di Lokerbie ma poi ha fatto “pace” con gli americani anche se poi ha accolto come un eroe in patria l’attentatore rilasciato dal carcere. Insomma mi resta il dubbio che Gheddafi in qualche modo sappia quello che sta facendo e che la sua non sia una resistenza “all’ultima goccia di sangue” come afferma

11) Gheddafi negli anni ha schiacciato le libere professioni, i sindacati, la libera stampa, persino l’esercito ridotto ad una specie di polizia stradale in grande…del resto Gheddafi da ex-ufficiale golpista sapeva bene quanto un’esercito forte potesse essere pericoloso per il potere. Allo scoppiare della rivoluzione, gli sono rimaste così in mano molte poche carte…tra cui appunto i mercenari e la brigata Kamis. Un bell’esempio di nemesi storica e del fallimento intrinseco di ogni dittatura.

12) La Libia è un paese enorme, con migliaia di chilometri di coste sul Mediterraneo e confini verso aree chiave dell’Africa sub-sahariana. Se il governo transitorio non rimetterà in piedi e subito delle forze armate capace di vigilarli si apriranno scenari di caos (e non mi riferisco solo ai poveri cristi che vogliono raggiungere l’Europa) molto preoccupanti.

13) La Bbc ha battuto tutti nella copertura di questo conflitto, per l’informazione italiana ormai concentrata solo sui fatti di casa nostra è stata una caporetto (fatti salvi gli sforzi individuali). Dai tempi dell’Iraq e della copertura realizzata all’epoca, sembrano passati millenni. Questa guerra ha fatto vacillare anche la credibilità di Al Jazeera: troppo forte il coinvolgimento del Qatar sul fronte dei ribelli.

14) All’inizio del conflitto in Libia, le sepolture al cimitero di Tripoli vennero passate per fosse comuni dalla propaganda ribelle amplificata dalle tv arabe, si parlò anche di bombardamenti sui civili dei quali a tutt’oggi non mi sembra siano state trovate prove. In Siria invece, pur nella mancanza di fonti indipendenti, appare chiaro che il massacro di civili ci sia stato per davvero. Non sto dicendo che bisogna bombardare la Siria (figuriamoci) ma che l’occidente liberatosi dal peso libico potrebbe pensarci per davvero, soprattutto se dovesse esserci una Francia di turno a spingere il piede sull’acceleratore. Fermo restando che la Siria non è la Libia ma rappresenta un tassello in un mosaico geo-politico molto ma molto più complesso.

15) Mi sta venendo un dubbio e aggiungo questo punto al volo, dopo la pubblicazione di questo posto…ma non è che Gheddafi si nasconde nei sotterranei del Rixos? Ricordate quando si presento ad una conferenza stampa con una pila in mano e la stampa inglese ne dedusse che veniva fuori da un cunicolo buio? Altrimenti perchè i lealisti starebbero difendendo tanto intensamente un albergo dove ci sono solo dei giornalisti occidentali? Se volevano usarli come scudi umani od ostaggi li avrebbero già prelevati e portati da qualche parte…così di fatto li stanno già usando come amuleto anti-bombardamento se qualcuno di importante (“high value target”) si nasconde sotto l’hotel…

Quando finisce il cacao?

Me la immagino già la scena: il cacao che inizia a scarseggiare sui banchi delle drogherie italiane; le pasticcerie che vanno in “bianco”; i maestri belgi in crisi; San Valentino in America senza scatole col fiocco da regalare; le grandi aziende dolciarie che si accapigliano per conquistare le scorte di chissà quale secondario Paese produttore.
A quel punto forse il mondo occidentale, si accorgerebbe che da mesi c’è una crisi che incendia la Costa d’Avorio. Paese che appunto del cacao è il maggior produttore del pianeta e dove ormai è guerra civile – per la vicenda di un presidente eletto ma non riconosciuto dal presidente uscente ma sconfitto alle urne.

I misteri della disattenzione (in questo caso sarebbe meglio dire della cancellazione) mediatica oltre che politica sembrano ancora più fitti nel caso della Costa d’Avorio. Se i drammi si misurassero per numero di morti (ragionando con la logica del dolore tanto al chilo) la Costa d’Avorio meriterebbe all’incirca la stessa attenzione della Libia. In Costa d’Avorio secondo la Croce Rossa sono morte almeno 1000 persone, poco di meno che in Libia. Se consideriamo, il numero dei profughi (le ultime cifre che ho visto parlavano prima di 450mila poi persino di un milione di profughi in fuga dalla Costa d’Avorio) siamo molto oltre la crisi libico-tunisina. Eppure quei profughi hanno ricevuto un centesimo dell’attenzione e della copertura mediatica dedicata ai loro omologhi (140mila? 200mila?) in fuga dalla Libia attraverso il confine di Ras Jedir.

Fermo restando che una vittima, una sola, è un bilancio inaccettabile, pur comparando i due conflitti sulla base di questi dati siamo sugli stessi livelli, eppure la telecronaca dei combattimenti ping-pong sulla strada tra Benghazi e Sirte ormai è giunta quasi al minuto per minuto, mentre la Costa d’Avorio è una sorta di monoscopio che tutti hanno sotto gli occhi e nessuno vede. Non voglio dire che la Libia non meritasse nè l’attenzione che sta ricevendo, nè l’intervento occidentale. Voglio dire che la Costa d’Avorio è, per una serie di meccanismi alcuni chiari altri misteriosi, il classico conflitto dimenticato.

Da giorni sento fare “insostenibili” ragionamenti sulla guerra in Libia e su perchè non abbiamo bombardato Barhein e Yemen, insostenibili perchè quasi sempre servono a dare ragione a questo a quello nelle nostre – tutte italiote – liti di pollaio. La Costa d’Avorio non serve nemmeno a quello. Sarà un segno dei tempi.