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Rohingya, reportage


Ecco i miei servizi per il Tg3 sulla crisi dei profughi rohingya (i link portano alla pagina FaceBook della testata):

Una storia di disperazione e di accoglienza – Dal Tg3 del 27 novembre 2017

Abdus, il profugo più anziano – Dal Tg3 del 26 novembre 2017

Registrare i profughi per rimpatriarli – Dal Tg3 del 25 novembre 2017

I bambini da vittime a possibili “prede” – Dal Tg3 del 23 novembre 2017

Emergenza Sanitaria nei campi – Dal Tg3 del 22 novembre 2017

Continuano gli arrivi – Dal Tg3 del 21 novembre

File e attesa – Dal Tg3 del 19 novembre

“Orrori che non avrei mai dovuto vedere” i bimbi rohingya. Dal Tg3 del 18 novembre

L’uomo che aiuta a riunire le famiglie – Dal Tg3 del 17 novembre

Lo stupro come arma nella pulizia etnica – Dal Tg3 del 16 novembre

In fila per un pugno di riso – Dal Tg3 del 15 novembre

Extra: lo slide show delle mie foto dai campi profughi

Rohingya, un crisi per immagini

 

In queste immagini, la crisi dei rohingya per come l’ho vista io sul campo nelle ultime due settimane o almeno per come l’ho “fissata” in quei momenti in cui ho avuto la prontezza e il tempo per scattare una foto.
Il dramma dei rohingya è talmente vasto che diventa persino difficile “esaurirlo” in un racconto unico, per quanto si possa ricercare una sintesi. E’ l’estensione della crisi e la velocità con cui si è sviluppata a rendere l’esodo dei rohingya un evento, catastroficamente, unico.

A passare il confine con il Bangladesh, in poche settimane, sono stati seicentomila profughi in fuga dalla pulizia etnica (c’è chi la chiama genocidio) condotta dagli estremisti buddisti e dall’esercito del Myanmar; pulizia etnica cominciata dopo gli attacchi del 25 agosto dell’ARSA – una piccola formazione di guerriglia rohingya – contro l’esercito.
L’ARSA ha fornito una scusa buona e molto “contemporanea” (la “lotta al terrorismo”) all’esercito per avviare l’ennesima ondata di violenze – stupri di gruppo, esecuzioni, tecniche di “terra bruciata” nei villaggi – contro quella viene ritenuta la minoranza più perseguitata della Terra. Sono mussulmani a cui dal 1982 è stata tolta la cittadinanza, vengono trattati come immigrati clandestini nella terra in cui sono nati. La parola “rohingya” non viene nemmeno riconosciuta nel lessico del Myanmar, infatti nei vari documenti ufficiali di questi giorni – per esempio quello sul presunto “rimpatrio”, siglato da Bangladesh e Myanmar – il termine non compare.
In Myanmar, vengono genericamente definiti come persone di “razza bengalese”.