Tag: abdullah

Ricostruire Karzai

Karzai a Shindand np©08
Karzai in visita a Shindand np©09

Da tempo si parla (a ragione) del fallimento del processo di ricostruzione dell’Afghanistan, mi sembra che invece sia sempre più prioritaria la necessità di ricostruire Hamid Karzai. Il presidente che oggi si è insediato ed ha giurato per il suo secondo quinquennio esce da queste elezioni, a voler essere buoni, semplicemente a pezzi. Per colpa sua ma anche per colpa di alleati americani che sempre più non sanno dove mettere le mani per uscire dalla “tomba degli imperi”, uno dei simpatici soprannomi dati negli anni all’Afghanistan ed ultimamente più popolare con la stampa Usa.

E’ vero che partiva praticamente da sotto-zero, ma karzai in otto anni non ha saputo ricostruire l’Afghanistan salvo ridare al quel poco che di Stato è riemerso l’assetto burocratico che è l’ideale per far fiorire la corruzione. L’economia di guerra e dopo guerra è servita ad alimentare le finanze personali di persone spesso poco raccomandabili e riconducibili al circuito dei signori della guerra. E’ anche colpa del suo modo di governare (o meglio degli apparati attraverso i quali è presente sul territorio) se i talebani hanno conquistato consenso e popolarità tra una popolazione frustrata. Con i brogli senza pudore delle elezioni, poi, Karzai ha dimostrato che il suo apparato elettorale era all’altezza dei pessimi alleati che si è scelto a cominciare dal suo vicepresidente.

Con Karzai a Shindand np©08
Con Karzai a Shindand np©08

C’è però da dire che Karzai, in questo momento, è l’unico presidente possibile per l’Afghanistan. Lo hanno dimostrato le stesse elezioni, che hanno visto il Dr. Abdullah letteralmente dileguarsi al secondo turno, tra mancanza di soldi e mancanza di speranze di farcela (tralascio le difficoltà attuali del dottore che rifiutato l’accordo con il presidente è ora assediato dai suoi, affamati di “poltrone”).
Karzai è l’unico presidente possibile anche perchè è un pasthù, etnia che già di per se si sente trascurata (ed in parte è vero) nell’Afghanistan democratico, etnia cruciale per gli equilibri del paese e dalle cui fila al momento non arrivano altre alternative (in futuro il tecnocrate Ghanì? la passionaria-moderata Barakzai? troppo presto per dirlo).


E allora viene da chiedersi
perchè la stampa americana da mesi sta massacrando Karzai avvalendosi di fonti ufficiali? Dal tema della corruzione clanico-familiare per finire al fratello Walì (presunto gran-trafficante di droga secondo certe fonti Usa e stipendiato dalla Cia secondo altre)? Perchè l’inviato speciale di Obama, Richard Holbroke, ormai a Kabul praticamente non può più mettere piede (dopo aver terminato un paio di pranzi con Karzai a “piatti in faccia”) tanto da essere riuscito nel miracolo – modello Lazzaro – di riesumare il senatore Kerry e ridargli un ruolo politico internazionale? Insomma non sto mica difendendo l’indifendibile Karzai, mi chiedo solo perchè se a Karzai non c’è alternativa (e non mi sembra nemmeno che gli Usa abbiano lavorato per aiutare Abdullah, il quale si è appoggiato – pare – ad iraniani, cinesi e russi) l’immagine del presidente sia stata demolita in questo modo.

Se gli Usa sapevano di non avere realisticamente alternative (del resto l’hanno ricandidato, vedi il dibattito a Washington dei primi mesi di quest’anno riportato in parte su questo blog) e non hanno lavorato per favorire l’alternativa Abdullah, spuntata fuori a sorpresa durante la campagna, che senso ha demolire la credibilità del partner con il quale lavorerai nei prossimi cinque anni?
Beh, la risposta non ce l’ho…mi viene da pensare che gli Stati Uniti siano in totale confusione sull’Afghanistan con Obama sospeso tra il moderato e minimalista (in termini militari) Biden e il falco Clinton (che forse vuole far dimenticare le omissioni afghane del marito negli anni ’90). Del resto è la stessa risposta che sorge spontanea se si guarda alle fughe di notizie sul dibattito interno alla Casa Bianca sull’aumento delle truppe su cui stiamo assistendo ad una sorta di tutto il calcio minuto per minuto, nel senso che si sa pure quando uno dei partecipanti al “dibattito” si allontana per soffiarsi il naso. Ne viene fuori il ritratto di un’amministrazione tanto nel pallone da non riuscire nemmeno a mantenere segreto il rapporto (segreto) del generale McCrhrystal al presidente. Tanto da far dire, ieri, ad Obama che tutta questa storia delle fughe di notizie lo rende furioso…Non è abbastanza ma magari è un buon inizio.

“Rispondente agli standard di sicurezza Onu”

“Un security approved” e’ la scritta che compare sulle brochure delle migliori guest house e dei principali alberghi di Kabul, la lista dei posti dove poter alloggiare “rispondenti agli standard di sicurezza Onu” viene aggiornata ogni mese e resa pubblica. In questi giorni suona come un altro degli amari paradossi afghani. Le Nazioni Uniti si apprestano a rimpatriare o rilocalizzare (pare a Dubai) buona parte del proprio staff internazionale, circa 600 unita’ su 1100-1200 funzionari. In totale sono quasi 6000 gli operatori Onu in Afghanistan, in buona parte locali. Una decisione presa proprio di fronte al peggiorare delle condizioni di sicurezza nel Paese ma soprattutto dopo l’attacco taleba alla guest house dove c’erano diversi membri dello staff internazionale, cinque dei quali sono stati uccisi (tra le altre vittime). In pratica l’Onu, con la decisione di ieri, sta dichiarando di non essere in condizioni di garantire la sicurezza del proprio personale. Del resto che la situazione, con queste due fiammate elettorali, sia peggiorata l’ho capito notando come la casa del Dr. Abdullah sia stata circondata da t-wall (ovvero muri anti esplosione prefabbricati) e l’ex-sfidante di Karzai ormai anche in casa sua si faccia seguire da un panshiro alto due metri.

Alloggiare a Kabul per gli “internazionali” sta diventando sempre piu’ un problema, gli standard onu si sono ridotti ad una barzelletta e quindi non sono piu’ una guida utile o meglio sono solo un riferimento di massima, altri posti come l’hotel Serena (il principale albergo della capitale) sono obiettivi per definizione e quindi e’ il caso di evitarli (nonostante – devo dire – siano estremamente confortevoli visto il contesto). In realta’ non esiste una scelta ideale, di questi tempi, bisogna cercare un compromesso. Questa volta, per esempio, ho deciso di dormire nella guest house che ospita il punto di riversamento satellitare che usiamo per le dirette e l’invio di servizi in Italia. Ho preferito evitare di dover attraversare mezza citta’ alle tre di notte (colpa del fuso orario!) come capitato ad agosto e settembre per poter raggiungere il satellite dal mio albergo. Il rischio di sequestri di occidentali si e’ innalzato troppo negli ultimi tempi.
La mia guest house e’ quindi una buona soluzione se non fosse che ospita anche un top target, ovvero l’ufficio di corrispondenza di una grande tv americana. Compromessi appunto, compromessi tra il rischio di essere sequestrati di notte e quello di vedere i talebani attaccare un network americano. Questa guest house non e’ gestita da locali ma da un gruppo di security contractor, chiamateli mercenari o guardie private se volete (il dibattito e’ ancora aperto). Devo dire che normalmente non mi sono simpatici ma questi hanno il grande merito di non farsi vedere armati anche quando vanno in bagno e non di portare fucili d’assalto con lanciagranate a colazione, mi sembrano piu’ concentrati sul versante “intelligence”, anche in senso letterale.

Al mio arrivo mi hanno consegnato il modulo di registrazione degli ospiti, il piu’ strano che abbia mai visto. Dopo i dati anagrafici e quelli del passaporto, c’era la sezione sui segni di riconoscimento (tatuaggi, cicatrici) con notizie sanitarie varie…a concludere la sezione “proof of identity” le domande chiave da usare in caso di sequestro per dare ai negoziatori la prova che al telefono stiano parlando proprio con te. Il cocktail di benvenuto non era compreso nel prezzo ma gli ospiti della guest house sono simpatici, giornalisti e tecnici anglo-americani, mentre tanti europei arrivano a riversare i propri pezzi al satellitare; almeno cosi’ ci si ride un po’ sopra.

Un ballottaggio “sballottato”

Come era facile prevedere (vedi qui e altri post di questo blog) il ballottaggio per l’elezione del presidente dell’Afghanistan non si terrà o se mai si dovesse svolgere non sarà che un proforma. Diventato quest’estate, a sorpresa, l’avversario più quotato del presidente Karzai, arrivato al secondo turno grazie alla revisione del voto che – durata più o meno due mesi – ha tolto a Karzai causa brogli oltre 5 punti percentuale, il Dr. Abdullah questa mattina si è ritirato dalla competizione. Nei giorni scorsi aveva chiesto la rimozione dei funzionari coinvolti nei brogli oltre al presidente della commissione elettorale. Non ritiene che ci siano le condizioni per un processo elettorale affidabile.

In realtà tecnicamente Abdullah non può ritirarsi nè ha chiesto ai suoi sotenitori di boicottare il voto ma la sua uscita di oggi ha un forte valore politico perchè toglie a Karzai la possibilità di riaccreditarsi politicamente. In particolare gli americani hanno voluto il ballottaggio affinchè Karzai ne potesse uscire rilegittimato dopo i brogli estivi che hanno minato un presidente già a corto di autorità ed autorevolezza. Un ballottaggio che tutti sapevano non si sarebbe svolto ma – si ipotizzava – grazie ad un accordo di coabitazione al potere tra i due, dando così spazio al nuovo (Abdullah) e ad i suoi tagiki ma garantendo una continuità più credibile a Karzai e ad i suoi pashtun. Od almeno a questo avrebbe lavorato, dietro le quinte, la macchina della diplomazia internazionale nelle ultime settimane.
Nessuno, però, si sarebbe aspettato l’uscita di Abdullah; uscita che non poco ha fatto arrabbiare gli americani (vedi il commento di Hillary Clinton con o senza Abdullah, non si toglie credibilità al voto).

Perchè Abdullah si è ritirato? Il quadro è talmente confuso è che l’unica certezza di cui disponiamo è che Karzai continuerà ad essere presidente per altri cinque anni. Anche se si votasse in condizioni normali (fraud-free) è chiaro che Abdullah, fosse solo per motivi etnici, non partirebbe avvantagiato e il favorito rimasto comunque Karzai.
E allora Abdullah potrebbe essersi ritirato per provare a salvare una trattativa (arenata, altrimenti avrebbe prodotto risultati giorni fa) per un governo di co-abitazione oppure perchè di trattativa non c’era più speranza e bisognava salvare la faccia. Di certo ha prodotto un danno forte soprattutto agli americani, che ricordiamolo hanno posposto ogni decisione sull’invio di nuove truppe proprio al dopo elezioni, perchè la nuova strategia del generale McCrhystal può essere vincente solo se c’è un governo credibile e non corrotto.

Cosa succederà adesso? In questa situazione nebulosa è difficile dirlo. L’Onu invoca una soluzione “legale” ovvero leggi “politica”, la commissione elettorale e il comitato di Karzai dicono che si voterà lo stesso per un voto farsa che metterebbe a rischio, di nuovo,  altre vite – con i talebani che minacciano un’ondata di attacchi. C’è da considerare che nonostante le rassicurazioni e gli appelli di Abdullah non è escluso che si arrivi a violenze di piazza soprattutto nel nord, con i suoi sostenitori arrabbiati con il governo. Comunque sia, se non si trova una soluzione politica a perdere saranno tutti: la famiglia Karzai si arrichirà per un altro po’ di anni mentre gli viene meno la terra sotto i piedi con i talebani che avanzano; Abdullah da astro (ri)nascente passerà per un’inaffidabile. Gli occidentali non sapranno più con chi dialogare e la guerriglia si avvantaggerà – come ha fatto sin’ora – dell’odio della popolazione verso un governo corrotto.

Per  fortuna in Afghanistan, le sorprese sono sempre possibili – non necessariamente positive – ma possibili anche in maniera clamorosa.
Mi viene in mente l’intervista ad Ashraf Ghani, girata dopo il voto, nella quale il candidato più illuminato del panorama politico afghano mi disse che l’unica soluzione non poteva che essere un accordo politico. Peccato che per fare gli accordi – aggiungo oggi – bisogna essere almeno in due e pensarla più o meno alla stessa maniera.

Ballottaggio, un prezzo che nessuno può pagare

Alla fine il verdetto è arrivato: i brogli a favore di Karzai sono stati tali da spingerlo ben oltre il 50%, estesi ad almeno 210 sedi elettorali (polling station, ovvero gruppi di seggi). La ECC, la commissione mista afghana e multinazionale, per i reclami elettorali l’ha riportato al 49% dal 54,6% facendo risalire il suo principale sfidante il Dr. Abdullah dal 28 al 31% circa, in altre parole ha stabilito che si andrà al ballottaggio. Per una sintesi della notizia vedi qui (in inglese molto interessanti le dichiarazioni in video sulla “spalla” destra della pagina) e vedi qui in italiano, io volevo però ragionare su alcuni punti di tutta questa vicenda.


I brogli.
E’ apparso chiaro sin dai primi giorni del primo voto e poi sempre più a settembre, che le frodi elettorali fossero state condotte su vasta scala in particolare nelle province del sud e dell’est dove le drammatiche condizioni di sicurezza hanno spinto molti a restare a casa e la polizia o i collaboratori dei governatori nominati da Karzai hanno “imbottito” le urne elettorali semi-vuote. Insomma era chiaro da subito che c’erano margine per un ballottaggio non c’era però certezza che la ECC, la commissione brogli, avesse la forza politica per farlo. E non a caso lungo la strada verso l’annuncio di oggi si sono consumati non pochi strappi dalla commissione dell’Onu che ha visto rimosso il suo vice (l’americano Galbraith che chiedeva un riconteggio più esteso per arrivare al ballottaggio) agli americani che solo pochi giorni fa avevano annunciato lo stop ad ogni decisione su più truppe e nuova strategia se non si fosse prima saputo “nome e cognome” del nuovo governo afghano. Altra “vittima” lungo la strada, Richard Holbrooke, l’inviato speciale di Obama per Afghanistan e Pakistan che dopo aver mandato a quel paese Karzai il giorno dopo il voto, letteralmente alzandosi da tavola durante una colazione di lavoro “tirandogli dietro” accuse di brogli. Non a caso oggi al fianco del presidente uscente, c’era un inedito Kerry (ex-candidato presidenziale Democratico) in versione afghana.

La praticabilità del ballottaggio. Per quanto sia stato convinto che ci fossero i margini per arrivare al ballottaggio una volta “scremati” i dati, sono scettico sullo svolgimento effettivo del secondo turno. Ecco che cosa me lo fa pensare:

– non ci sono i tempi tecnici riallestire i seggi; due settimane non sono sufficientia ridistribuire in tutto il paese le schede, i tavoli, le sedie, le urne (che non dimentichiamolo sono state ritrasportate a Kabul per i riconteggi)

– il clima è già sfavorevole in molte aree montane del paese dalla provincia di Ghor al Badakshkan che per larga parte “chiudono” per neve durante l’inverno; si tratta per giunta di aree per lo più favorevoli ad Abdullah

– è ormai chiaro che le frodi elettorali sono stati quei “brogli di stato” di cui Abdullah aveva parlato per la prima volta proprio al Tg3 pochi giorni dopo quel 20 agosto, non è escluso quindi che possano tranquillamente ripetersi

– nonostante l’avvicinarsi dell’inverno, tradizionalmente, plachi le attività della guerriglia, una nuova giornata del voto rappresenterebbe un nuova ribalta mediatica internazionale per i talebani…quindi nuove vittime e nuovi attacchi contro le forze di sicurezza locali e le truppe internazionali

– il primo turno ha visto una partecipazione di poco superiore al 30%, al secondo turno non potrà che essere inferiore per tutte le difficoltà sopra elencate, di quanto? Se sarà di molto più bassa, sarebbe la certificazione del fallimento del processo democratico afghano

E’ per questo che credo che si arriverà ad un governo di “unità nazionale” ovvero ad un cambiamento de facto della costituzione (rigidamente pensata dagli americani per “un uomo solo al comando”, modulo ormai fallito) con la nomina del Dr. Abdullah a capo di gabinetto, chief of staff o qualsiasi ruolo tecnico che di fatto sia quello del premier e magari anche con il recupero di Ashraf Ghanì (anche per meglio bilanciare l’etnica pasthù). I due candidati ai quali Karzai, pochi giorni prima del voto, aveva offerto ruoli di primo piano in un nuovo governo, offerte respinte al mittente. Adesso un accordo del genere potrebbe servire a dare un governo al paese almeno fino a maggio (prima data utile per il secondo turno), un governo “invernale” (simile ai nostri “balneari”) che potrebbe però durare per tutta la legislatura. O almeno questa è l’unica speranza dell’occidente e “dei” Karzai.

Sabato l’annuncio del ballottaggio?

Tra qualche giorno, probabilmente sabato, la commissione elettorale e la commissione per i brogli (la ECC) dovrebbero annunciare i risultati definitivi delle elezioni presidenziali del 20 agosto scorso. L’annuncio potrebbe essere quello di un secondo turno, lo si era già intuito nei giorni scorsi quando il membro afghano della ECC (vicino a Karzai) si era dimesso probabilmente di fronte al quadro che si andava delineando. Quella che sembra una conferma arriva da questa intervista del NY Times con l’ambasciatore afghano a Washington. La vera incognita in tutto questo quadro però è il clima, non il clima politico, quello metereologico. Se il secondo turno non dovesse essere convocato e svolto entro, al massimo, la prima settimana di novembre ampie zone del paese sarebbe impraticabili tra pioggia e neve, vedi la provincia di Ghwor o il Badashkhan, e quindi le difficoltà logistiche “strutturali” nel Paese finirebbero con l’essere moltiplicate.  In altre parole se ne parlerebbe a maggio, con altri mesi di limbo politico che nè il paese in sè nè l’Amministrazione americana (con le sue decisioni sulla nuova strategia McChrystal) potrebbero in alcun modo fronteggiare. Altra ipotesi, quella di un governo di unità nazionale con il ritiro di entrambi i candidati ed il risparmio di svariate milioni di dollari e soprattutto di parecchi morti e feriti per un’altra giornata del voto, all’insegna degli attacchi.

Elezioni, il 10 ottobre il quadro finale

Secondo fonti consultate da noi oggi a Kabul, la ECC la commissione brogli dovrebbe compleare il suo lavoro di verifica (che sta procedendo a campione) in tempo utile per l’annuncio dei risultati definitivi il giorno 10 ottobre (in realtà ieri era circolata la data del 7, ma quella del 10 appare più credibile). L’eventuale ballottaggio dovrebbe tenersi entro due settimane e sarebbe già al limite rispetto alle condizioni climatiche di alcune province, in primi il Badaskhan. Mentre scrivo vedo che anche l’Ansa poco fa ha pubblicato l’indiscrezione sulla data del 10 e c’è quindi una conferma. Per un quadro sulle elezioni vedi questo post di pochi giorni fa.

Intanto la BBC rilancia un’indiscrezione che aveva già scritto tra le righe un po’ di giorni fa, questa volta con un bel “titolo”. L’indiscrezione riguarda la rottura tra l’inviato speciale delle Nazioni Unite, Kai Eide, ed il suo vice l’americano Galbraith…proprio sul tema del riconteggio dei voti.