
Premessa 1: Questa non è un’auto-celebrazione (per assenza di concorrenti sono il direttore e l’ideatore di Mojo Italia), è un pensare ad alta voce, a tratti con una certa incredulità.
Premessa 2: Mojo Italia è il primo festival italiano di mobile journalism e di smart filmaking (produrre notizie multimediali e raccontare per immagini usando strumenti a basso budget come gli smartphone) si svolge alla Casa del Cinema di Roma, “nella splendida cornice” di Villa Borghese. Dal 21 al 23 settembre (occhio il seminario del 23 è presso la sede di ASR) Stampa Romana e l’Associazione Italiana Filmaker offrono 15 seminari gratuiti con i top expert italiani, accreditati per la formazione obbligatoria dei giornalisti (ma aperti anche ai non giornalisti.
I fatti: Ieri la lista degli sponsor tecnici ha toccato quota 20 con l’arrivo di BeastGrip quando manca poco più di un mese all’evento. All’inizio di questa avventura – febbraio, marzo scorso – avevamo solo uno sponsor, ShouldePod la cui vena mediterranea – l’azienda è di Barcellona – probabilmente li ha spinti a credere in un progetto che si svolgeva alla periferia dell’impero digitale, in Italia.
Da allora è cambiato tutto, abbiamo un “main sponsor” (MasterCard), uno “smartphone ufficiale” (OnePlus), la collaborazione de La Sapienza, la presenza di partner solidali come Emergency, il patrocinio del Comune di Roma.
Tra le forze in campo ci sono anche i media partner: OverPress Media, struttura romana che si occupa di social; il Centro di Documentazione Giornalistica, storico editore specialistico per l’informazione; ItaliaNotizie24, dinamica testata on line; l’agenzia DIRE che sta sperimentando con il mojo; infine Italian Mojo, l’associazione di Francesco Facchini che da Milano emette onde su ogni media per la diffusione del mobile journalism in Italia (Facchini oltre ad essere giurato tiene un seminario sul modello di business mojo, i freelance non dovrebbero perderlo).
Infine non escludo che la lista degli sponsor tecnici (come dei partner vari, educational e solidali) possa allungarsi (qui l’elenco sponsor).
Grazie agli sponsor (molti dei quali internazionali) possiamo permetterci di offrire 15 seminari di formazione e aggiornamento professionale, gratuitamente, e di assegnare premi di grande valore ai vincitori del concorso (e ai partecipanti ai seminari in genere, seguiranno dettagli su questo punto).
Aggiungo che possiamo farlo, non solo grazie agli sponsor ma a tutti i volontari che stanno lavorando gratuitamente per realizzare l’evento.
La riflessione: Che cosa è accaduto in questi mesi? Perchè questo successo con gli sponsor? Perchè in tanti stanno credendo in Mojo Italia? Perchè abbiamo già quasi 400 iscrizioni ai seminari, alcuni dei quali sono esauriti o poco ci manca? La risposta non è unica. Credo che a pesare sia il lavoro fatto in questi anni con i corsi di mojo a Stampa Romana che hanno sempre attirato l’attenzione internazionale. Credo che a far la differenza sia la formula dell’offerta gratuita ma di qualità nella formazione. Penso che stia colpendo il fatto che due organizzazioni “di categoria” stanno offrendo strumenti – non solo rivendicazioni – per superare la crisi, compreso un sindacato come ASR con quasi un secolo e mezzo di storia alle sue spalle. Ho anche l’impressione che il mostrare che esistono alternative al mediocre prodotto informativo digitale italiano (il ragionamento è generale, quindi al netto di alcune lodevoli eccezioni) e ai tagli come unica cura contro la crisi, beh sia una speranza contagiosa.
La vera domanda a cui non so rispondere però è: tutta questa attenzione che stiamo ricevendo arriva anche perchè c’è voglia da parte di giornalisti e filmaker di un prodotto giornalistico e di un racconto per immagini diverso?
Possiamo accontentarci? Mesi fa siamo partiti con uno sponsor, tante idee e senza mezzi, oggi siamo in condizioni diverse (salvo il budget che resta “risibile”) ma non è sufficiente e non solo perché dobbiamo dimostrare – durante il festival – di essere all’altezza della “fiducia accordataci”. L’obiettivo di Mojo Italia è dimostrare che un altro giornalismo è possibile, che i prodotti giornalistici possono esser “fatti” in maniera diversa, che il mobile journalism può entrare stabilmente nel processo produttivo (workflow) anche delle grandi aziende editoriali.
Questa è la vera sfida e non si vince a settembre: partiamo dalle sale piene e da un bel concorso (obiettivi di breve periodo) poi facciamo in modo che quell’esperienza diventi massa critica e spinga il mojo nell’impianto di irrigazione dell’arido giornalismo italico.