Era il 16 febbraio del 2006 e il ritrovamento dei due cadaveri in una guest-house di Kabul veniva raccontato (vedi per esempio la BBC) come un banale incidente per una stufa maneggiata male. Quei due corpi erano di Stefano Siringo e Iendi Iannelli, due cooperanti italiani impegnati in Afghanistan con l’Onu e l’Idlo (l’International Development Law Organizzation, una ong dedicata allo sviluppo dei sistemi giudiziari nei paesi poveri). Successivamente si parlò di una morte per overdose, droga purissima. “Il manifesto” in edicola oggi racconta un’altra storia, quella di un mistero sul quale purtroppo sta per calare il drappo nero dell’archiviazione. L’inchiesta, firmata da quel cronista di razza che è Carlo Lania e dall’inviata di esteri Giuliana Sgrena, delinea un quadro inquietante sul quale i parenti chiedono si faccia luce. In pratica i due italiani avrebbero scoperto un giro di fatturazioni false per un milione e mezzo di euro all’interno del progetto Onu e la circostanze della loro morte fanno pensare ad un’esecuzione, con la droga iniettata all’inguine. Movente, la necessità di mettere a tacere due testimoni scomodi.
L’articolo potete leggerlo qui…questa la sua conclusione:
Immunità diplomatica
Un aiuto prezioso all’accertamento della verità potrebbe fornirlo l’Idlo, accettando di mostrare i bilanci alla magistratura. Fino a oggi, però, ogni richiesta in tal senso avanzata dalla procura di Roma è stata respinta dall’organizzazione, che prima si è detta disposta a presentare i bilanci poi, si è avvalsa dell’immunità diplomatica. A una richiesta di intervista da parte del manifesto, la risposta dell’ufficio stampa dell’organizzazione è stata netta: «Idlo non ha nessun commento da fare sulle vicenda oltre a confermare che ha risposto e continuerà a rispondere a ogni richiesta pertinente che provenga dalle autorità competenti». A novembre dell’anno scorso, dopo che alcuni articoli di stampa erano tornati a parlare della strana morte di Siringo e Iendi, da parte dell’Idlo c’è stata infatti una nuova disponibilità a fornire la documentazione richiesta al magistrato, a cui però ha fatto seguito un ripensamento. «Fino a data odierna», scrivono l’11 marzo scorso i carabinieri del Nucleo investigativo al pm Palamara, non è stata ricevuta alcuna comunicazione/documentazione né direttamente dall’Idlo, né per il tramite del Ministero Affari Esteri, nonostante le reiterate richieste effettuate per le vie brevi presso gli uffici preposti».
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